Al-Shabaab e la guerra in Somalia

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La bandiera di guerra di Al-Shabaab con le due frasi della professione di fede islamica.

Esaminare la storia di Al-Shabab (che vuol dire “I Giovani”) è un esaminare la contorta storia della Somalia (che, di fatto, è divisa in due paesi differenti). Questa nazione è definita, non a caso, “nazione fallita” in quanto, ancora oggi, regna l’anarchia fatta della forza delle armi e delle milizie e l’attuale Governo Federale di Somalia non ha ancora il controllo totale del territorio. Una nazione che esiste sulla carta, ma non nei fatti.

Tutto comincia con la caduta di Siad Barre, il dittatore somalo dal 1969, che aveva regnato con il pugno di ferro e con un regime di terrore, nel 1991. Già dal 1986 la Somalia si era avviata verso la guerra civile tra una serie di gruppi disuniti contro il Governo di Barre. A seguito della sua caduta, i vari gruppi non riuscirono a mettersi d’accordo per un governo di unità nazionale, divisi tra comunisti, laici e islamisti. Sulla scia di questi presupposti, si accese la miccia della guerra civile somala, che dura ancora oggi.

Le fazioni somale nel 1992 all’inizio dell’intervento ONU.

In questo ambito vi fu l’intervento, fallimentare, dell’ONU nel 1992, con una coalizione sotto la guida degli USA e con un dispiego di forze di terra da parte dell’Unione Africana e dell’Etiopia, quest’ultima sperando di portare la Somalia sotto la sua influenza. I caschi blu subirono fortissime perdite, senza riuscire a ristabilire l’ordine, non riuscendo a dominare i vari gruppi che si trovavano a Mogadiscio, la capitale diventata campo di battaglia.

Con la partenza dell’ONU rimasero le fazioni e le tribù che avevano destituito Barre, nelle aree rurali prevalevano i gruppi tribali, mentre nella città di Mogadiscio aveva potere il Congresso della Somalia Unita che, ben presto, si sarebbe diviso in tante altre fazioni.

Mentre il Governo Federale di Transizione cercava il bandolo della matassa delle varie rivalità e dei movimenti secessionisti nel paese, i giudici delle corti tradizionali basate sulla Shari’a si unirono creando l’Unione delle corti islamiche che divenne l’appoggio della lotta jihadista nel paese.

Le Corti si rivelarono un rivale fortissimo del Governo di Transizione, arrivando a prendere il controllo della stessa capitale, ma esse stesse vennero sconfitte da una coalizione di signori della guerra, Etiopia e quanto restava del Governo di Transizione, che riuscirono a farle sciogliere.

Ma dalle ceneri dell’Unione delle Corti Islamiche, emerse nel 2006, Al-Shabaab (i Giovani), un gruppo fondamentalista persino più estremista delle stesse Corti da cui era nato e di cui rappresentava l’ala giovanile. Un gruppo che predicava la “guerra santa per la Somalia”, senza badare ai mezzi. L’obiettivo era la costruzione di un governo a trazione religiosa per la Somalia, secondo alcuni versetti del Corano interpretati in modo radicale:

Combattete coloro che non credono in Allah e nell’Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo, e siano soggiogati.

 al-Qurʾān, Sura 9, Versetto 29

Combatteteli finché non ci sia più persecuzione e il culto sia [reso solo] ad Allah. Se desistono, non ci sia ostilità, a parte contro coloro che prevaricano.

 al-Qurʾān, Sura 2, Versetto 193

La violenza di questo gruppo, affiliato ad Al-Qaeda dal 2012, diventò ben nota in Somalia. Sono stati protagonisti di una lunga guerra contro il Governo Federale, hanno compiuto svariate stragi in Somali, Kenya ed altri paesi del Corno d’Africa: tra di essi la strage di 150 persone nel campus universitario di Garissa in Kenya nel 2015.

La loro interpretazione del Corano è quella radicale, seguita anche da Al-Qaeda, che rappresenta una versione estrema dell’interpretazione wahhabita, seguita ufficialmente dalla monarchia saudita. Pur se questo pensiero, finanziato dalla Casa Reale Saudita, sia fortemente pubblicizzato, resta minoritario nel panorama islamico, tanto da essere stato dichiarato “non sunnita” durante la Conferenza islamica mondiale del 2016 ma, nondimeno, resta il cuore delle dottrine dei gruppi fondamentalisti come Al-Shabaab. Ma sarebbe riduttivo dire che sia solo questo. L’Islam è religione, ma anche cultura e di esso vi sono differenti scuole, anche solo a considerare i tre grandi raggruppamenti di esso cioè: Sunnismo, Sciismo e Kharigismo. In questo contesto, andrebbero aggiunte anche le problematiche delle scuole giuridiche d’interpretazione della Shari’a ( i Madh’hab), in quanto nell’Islam storico la religione si è sempre fusa con il governo civile sin dai tempi del Califfato dei Rashidun.

Situazione di Al Shabaab fino all’anno scorso; https://www.polgeonow.com/search/label/al%20shabaab

Al giorno d’oggi Al-Shabaab si trova in forte difficoltà, con uno scarsissimo controllo del territorio, braccata dal Governo Federale Somalo e inseguita in tutto il Corno d’Africa. Deve appoggiarsi ad accordi con locali signori della guerra e pirati per poter racimolare fondi, ma ciò non li rende meno pericolosi. Hanno ancora forti capacità combattive, sono capaci di azioni militari coordinate e sono ben armati.

Si potrebbe dire che Al-Shabaab sia figlio della gestione approssimativa, da parte dell’Italia, del processo di decolonizzazione che prima ha foraggiato un dittatore sanguinario come Barre e poi ha cercato di mettere pezze con un intervento dell’ONU. La Somalia non trova pace, la Somalia è una “nazione fallita”, la Somalia sta rinascendo a fatica. Mogadiscio, che ora sta rinascendo come gioiello del Corno d’Africa, è stata per vent’anni un campo di battaglia, dove si contavano a migliaia i morti per fame e sete e a centinaia di migliaia i fuggitivi durante l’escalation della guerra civile, mentre chiudevano il porto, l’aeroporto e l’Università per via del caos dilagante sulle sue strade colorate dal sangue.

La loro non è l’unica versione dell’islamismo né quella maggioritaria. Si potrebbe fare l’esempio dell’islamismo laico della Turchia di Atatürk, quello tollerante del Marocco o quello estremamente liberale dell’Iran, prima della repubblica islamica: tutti esempi di come ci possano essere varie interpretazioni anche sullo stesso obbligo del velo per le donne.

Studentesse iraniane negli Anni Settanta prima della Rivoluzione Islamica
Il velo in Iran ai nostri tempi qui nella città di Shiraz

Al-Shabaab è un gruppo morente, ma sono ancora capaci di colpi di coda di grande gravità. Non possiamo sapere se la sua fine sia vicina ma possiamo sperare che la Somalia riesca a trovare la sua via dopo che sarà finita la sua eterna guerra civile.

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Domenico Sepe
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