La relatività della verità

Tempo di lettura: 6 minuti

«Un giorno vorrei capire cosa è normale»

Chi decide chi è normale?
La normalità è un’invenzione di chi è privo di fantasia.

Alda Merini

In fondo la definizione di normale, di bene e male, di giusto e sbagliato sono tutti concetti relativi al tempo ed allo spazio. Per fare un esempio, una volta era considerato normale il concetto dello “zoo umano”, dove le persone andavano a vedere bambini ed adulti africani ed asiatici o, a volte, solo “diversi”.

La normalità è qualcosa che ci siamo inventati di sana pianta, non esiste in natura, così come non esiste un assoluto ordine naturale delle cose nella società umana. Famiglia, legami, leggi, regole sono tutte cose relative alla società in cui si vive. E non sbagliava Carl Schmitt, quando diceva che è la volontà politica a fare le leggi: non esistono leggi (intese proprio come norme e regole sociali) inscritte nella natura dell’uomo, esistono solo quelle che ci vengono consegnate dai legislatori.

Ed è per questo che allora ci chiediamo se sia da promulgare o meno una legge su certi temi. Serve solo la volontà; non serve parlare di famiglie naturali, ordini naturali, leggi incontrovertibili, diceva Ludwig Wittgenstein:

Se un leone potesse parlare, non lo capiremmo comunque

Questo perché tutte le esperienze, tutte le nostre regole ed il nostro vissuto sono filtrati con gli occhi del nostro spazio e del nostro tempo e, per questi motivi, diamo le definizioni di giusto e sbagliato che sono relative e sono portate avanti dalla tradizione. Per questo, mi lascia perplesso quando si commenta che possa esistere una “famiglia naturale”. Allora, in caso di divorzio, la famiglia fatta dai due genitori divorziati e i rispettivi compagni sarebbe “naturale”, sarebbe una cosa ordinata e ragionevole entro cui far crescere serenamente il bambino. E, se uno dei genitori diventasse omosessuale, non lo sarebbe più?

Già portando alle estreme conseguenze questi argomenti, si capisce che, su questo tema, le argomentazioni sono vuote e possono appoggiarsi solo ad una, non meglio definita, “entità esterna” che incensi e santifichi la “l’ordine naturale delle cose”. Eppure una famiglia è una comunità d’amore, non importa la forma che assume: ci sono genitori adottivi che sono stati molto meglio dei genitori naturali. L’unico valore è il benessere dell’individuo nella famiglia, non l’inseguimento di forme non meglio precisate imposte da un non meglio precisato “ordine naturale”.

Si potrebbe opporre che per generare un figlio servono un padre ed una madre. Potrei ribattere dicendo che la cosa non è scontata come sembra. Ad un figlio serve l’amore genitoriale, da qualunque fonte esso provenga. Genitori buoni e cattivi posso essere sia di coppie eterosessuali che omosessuali, il fattore non cambia, è l’amore e la cura del figlio a dover essere considerati fondamentali, come dimostra diffusa giurisprudenza.

Volendo fare un altro esempio: fino a metà Ottocento lo schiavismo era diffuso in tutti i paesi coloniali ed anche il qualche paese europeo. La giustificazione si adagiava sul fatto che gli schiavi facessero parte di una razza inferiore, che avessero abilità cognitive inferiori e che era destino manifesto dell’uomo europeo dominare il mondo e tutti i suoi abitanti. Un paese intero è stato trascinato in una guerra civile per questo, ed ancora non è riuscito ad uscire dagli strascichi di questa lunga tradizione schiavistica e di segregazione razziale. La libertà non era un diritto di tutti per via di un non meglio precisato “ordine naturale” delle cose, un’interpretazione distorta degli scritti di Charles Darwin. Eppure qualcuno ebbe ad affermare che erano tutte idiozie e che ogni uomo ha diritto ad essere libero. Una conquista umana quindi, non la rivelazione di una legge divina.

Ed ancora prima era considerato normale che una classe di nobili detenesse il potere di vita e di morte sugli abitanti delle proprie terre: il signore era l’unico giudice e padrone, il contadino non poteva spostarsi dal luogo in cui era nato, le leggi e la giustizia le facevano il diritto divino e l’arbitrio del potente di turno. Eppure è arrivata la Rivoluzione Francese ad cambiare radicalmente questo scenario, ad affermare che gli uomini nascano liberi e questo. Per quanto sia un’affermazione di diritto naturale, resta una conquista del relativismo illuminista e dell’intero genere umano.

Se questo non bastasse, facciamo un ultimo ragionamento: quante volte abbiamo detto che una cosa è “naturale”, quante volte che una cosa è “normale”. In fondo cosa vuol dire normale? L’etimo della parola deriva da norma, che in latino vuol dire squadra, e per esteso, tutto quello che rientra nell’ambito di un perimetro definito. Tutto quello che c’è fuori è a-normale, sub-normale, strano e controverso. Nella storia della società umana, tutti coloro che erano fuori da questo perimetro erano destinati ad essere cacciati fuori le mura della città. La nostra società non si è ancora abituata all’idea che tutte le idee che escono fuori dal recinto squadrato che ci siamo creati devono avere la possibilità di dire la loro. Ciò aiuta il progresso della società e permette il variare delle posizioni statiche. Come diceva Voltaire:

Meno dogmi, meno dispute; meno dispute, meno sciagure: se non è vero, allora ho torto. La religione è stata istituita per farci felici in questa e nell’altra vita. Che cosa si deve fare per essere felici nella vita futura? Essere giusti. Per essere felici in questa, per quanto lo consenta la miseria della nostra natura, che cosa occorre? Essere indulgenti.

Trattato sulla tolleranza

E non è un caso se un altra frase di Voltaire torna ad essere attuale ai giorni nostri:

Il diritto dell’intolleranza è quindi assurdo e barbaro; è il diritto delle tigri; anzi, è più orribile, perché le tigri non sbranano che per mangiare, mentre noi ci siamo sterminati per dei paragrafi

Trattato sulla tolleranza

E’ stata la voglia di sovvertire l’ordine costituito che ha fatto evolvere la società e che la farà evolvere ancora, il progresso tecnologico senza avanzamento sociale e politico può diventare solo un mezzo per una rinnovata oppressione. Ed è qui che entrano in gioco gli individui tutti: il cambiamento è un’onda che non si può fermare proprio perché non esistono ordini di regole stabiliti dal cielo. Esistono gli uomini con i loro sogni, i loro difetti e le loro debolezze.

Queste sono le grandi conquiste della tolleranza, del relativismo e del giuspositivismo: il rifiuto di ogni concetto di “ordine precostituito” e l’assoluta sterilità dell’idea che ci sia un’autorità alta, un ipse dixit, che giustifichi le cose che vanno bene per pochi e male per molti, perché così è e così deve essere. Mi viene un sorriso a pensare quanto i difensori della famiglia naturale siano, loro stessi, incoerenti nelle loro vite personali. E mi viene rabbia per il fatto che coloro che difendono l’ordine costituito siano, curiosamente, coloro che ne traggono il maggior vantaggio. Ma c’è gente che li segue e gente che li vota. Il lato conservatore della politica esiste da sempre e si fa difensore di tutte quelle cose che sono naturali e normali.

E se una grande conquista del diritto naturale è il concetto dei “diritti umani”, il positivismo giuridico ci fa guardare, con tristezza, che questa categoria non solo non è universale né naturale, e neanche ha una collocazione su cui sono tutti d’accordo. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo dell’ONU ebbe 10 astenuti su 50 votanti ed era solo una Dichiarazione, non un testo vincolante. Non voglio azzardarmi a dire che non esistono i diritti umani, ma posso affermare, con una buona dose di consapevolezza, che, finché non ci sarà un testo estremamente diffuso, i diritti umani valgono solo per alcuni Stati e per alcune persone nel mondo.

I diritti umani esistono e sono rispettati, non perché ce lo dice un’autorità divina o un ordine naturale delle cose, ma perché, attraverso lotte e conquiste che si sono sedimentate per secoli, si è potuti arrivare e mantenere una volontà politica per affermarli. Eppure la loro sola affermazione non è stata sufficiente. Quanti altri Floyd, King, Malcom X, quanti altri manifestanti presi a manganellate, arrestati ed isolati serviranno per arrivare ai diritti umani. Questi ultimi sono una nostra creazione, una nostra conquista e poiché nessun ordine naturale ce li garantisce, abbiamo il dovere di lottare ogni giorno per riaffermarli, non solo in piazza, ma nelle nostre vite. Non si può sempre chinare il capo, bisogna, a volte, alzare gli occhi al cielo ed immaginare il futuro. Questo è il dovere che porta il giuspositivismo: cercare sempre di migliorare la società, andare avanti e mai indietro, perché non esistono garanzie assolute.

Le nozioni generali sono generalmente inesatte

MICHEL EYQUEM DE MONTAIGNE

Parafrasando Montaigne, le nozioni generali non riescono ad essere abbastanza flessibili e sono, al massimo, un esercizio di vanità perché non esistono regole assolute e generali che non siano esatte. Quindi non esistono “famiglie naturali” più di quanto non esistano regole naturali del vivere. Semplicemente non ci sono le basi e chiunque le cerchi deve, per forza, affidarsi ad un ente “esterno e superiore” che certifichi la giustizia delle sue affermazioni.

Affermare che esista un ordine naturale delle cose da preservare è come mettere una lapide ad ogni forma di cambiamento, non si può cedere alla tentazione di cullarsi dell’idea che le cose non possono cambiare, perché sono così come sono e che il mondo non possa cambiare.

Alla fine, accettare questi fatti dovrebbe essere lo sprone a migliorare il nostro mondo e la nostra società. Non possiamo passivamente accettare i modelli, le regole e le definizioni che ci vengono imposte “dall’alto”, sarebbe una resa al bisogno umano di lottare per il cambiamento.

In fondo chi decide cosa è normale?

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