Solo sì vuol direi sì: per la legge spagnola il sesso senza consenso è stupro. E in Italia?

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Ley del solo sì es sì”, il nome della nuova legge approvata in Spagna e ispirata al movimento femminista spagnolo.
La proposta è stata avanzata dal centrosinistra e promossa, in particolar modo, dalla Ministra delle Pari Opportunità Irene Montero. Il provvedimento è passato , in via definitiva, il 25 agosto alla Camera del Parlamento con 205 voti a favore, 141 contro e 3 astenuti. Contrari il partito di estrema destra Vox e il Partito Popolare, di centrodestra.

In particolare, la legge introduce il presupposto del consenso espresso in materia di violenza sessuale: il consenso sussiste solo quando “è stato liberamente espresso, attraverso atti che, date le circostanze del caso, esprimano chiaramente la volontà della persona”. Inoltre, “silenzio o passività non significano necessariamente consenso”.

Il nome della legge deriva da uno degli slogan rivendicati nelle manifestazioni spagnole a seguito del caso giudiziario di stupro chiamato “La Manada”, nome del gruppo WhatsApp creato da cinque uomini che, il 7 luglio 2016 a Pamplona, violentarono una donna di 18 anni. Gli stessi filarono il tutto con i telefoni, vantandosi su un gruppo WhatsApp, in cui si riferivano a loro stessi con la parola “La Manada”, cioè “Il branco”.

Da ciò, la militanza di movimenti femministi – non solo in Spagna, ma in tutta Europa – tramite cortei e slogan come “solo sì es sì” “hermana yo si te creo”, a supporto della donna, ma anche a sostegno di tutte le donne che si trovano a dover vivere una situazione di questo tipo e che, al posto della protezione e della giustizia, ricevono colpevolizzazione.

Infatti, il caso suscitò scalpore proprio perché, durante il processo, i legali degli imputati affermarono che la persona offesa era stata consenziente, in quanto era rimasta immobile e non si era opposta in modo esplicito e deciso. L’accusa dovette spiegare che la donna era troppo terrorizzata per poter reagire all’aggressione sessuale. Il tribunale di Pamplona stabilì, in primo grado, che non ci fossero state né violenza né intimidazione e condannò i cinque a nove anni di carcere, per abusi sessuali e non per stupro. Il Tribunale Supremo, poi, ribaltò la sentenza, stabilendo che si era trattato di stupro di gruppo, con una condanna in via definitiva a 15 di anni di carcere.

Proprio a proposito della differenza tra abuso e aggressione, la novità legislativa comporta anche importanti modifiche in merito. Nello specifico, viene abolita la distinzione tra il reato di abuso sessuale, più lieve, che non contempla violenza o intimidazione; e quello di aggressione sessuale, che richiede il presupposto della violenza ed è considerato più grave, lasciando in vigore solo quest’ultimo. 

Finora, la condotta di violenza sessuale era caratterizzata da minacce, violenze o costrizioni e se una donna non si opponeva in modo esplicito al rapporto sessuale, questo si considerava abuso, e non stupro. Con questa modifica legislativa si considererà reato di stupro qualsiasi rapporto sessuale in cui una persona non dà il proprio consenso. La persona offesa non dovrà più provare di aver subìto una violenza – con il rischio di un’indagine molto invasiva che potrebbe portare a una vittimizzazione secondaria – ma sarà solo l’esplicita sussistenza del suo consenso a distinguere lo stupro da un rapporto consensuale.

Molto esplicative le parole di Irene Montero dopo l’approvazione della legge: “Finalmente la Spagna, ha riconosciuto per legge che il consenso deve essere necessariamente al centro delle nostre relazioni sessuali e che nessuna donna dovrà mai più dimostrare che c’è stata violenza o intimidazione in un’aggressione perché sia considerata tale”.

La Ministra delle Pari Opportunità Irene Montero

Secondo la campagna “Let’s talk about “yes”: Consent laws in Europe”, di Amnesty International, solo 12 Paesi europei definiscono lo stupro come “sesso senza consenso”. In Italia, l’art. 609-bis c.p., che disciplina il reato di violenza sessuale, punisce con la reclusione da sei a dodici anni chi “con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali”. Il legislatore italiano, anziché concentrarsi sull’elemento del consenso, ha posto al centro della disposizione normativa quello della costrizione, ossia il contrasto tra la volontà di chi commette il reato e di chi lo subisce.

Proprio l’Italia, nel 2021, è stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti Umani. Come riportato in una mia precedente pubblicazione, la condanna si deve al fatto che nel processo penale erano state utilizzate “affermazioni colpevolizzanti e moralizzatrici”. Nello specifico, nel caso di uno stupro, i giudici diedero per scontato che ci fosse stato consenso da parte della donna, non ritenendo sufficientemente esplicito il ritiro del consenso. Il suo consenso ad atti passati – dedotto da un’analisi approfondita e invadente sulla vita personale della donna – venne ritenuto un consenso sempre valido a qualsiasi pratica sessuale. Eppure, il consenso è mutevole: può esserci e non esserci più un secondo dopo.

Il caso non è molto lontano da quello spagnolo: l’elemento in comune è il giudizio e la colpevolizzazione della persona che ha vissuto la violenza. Nel caso italiano, la vittimizzazione secondaria attuata ha riguardato la presunzione del consenso sulla base della vita personale della donna, del suo orientamento sessuale e delle sue scelte intime. Nel caso spagnolo, l’azione di violenza è stata giustificata dal fatto che la donna fosse rimasta immobile e in silenzio. In entrambi i casi, lo sguardo si è spostato da chi ha commesso la violenza, alla persona che ha vissuto la violenza, non considerando minimamente l’assenza del consenso della donna.

Con un recentissimo provvedimento, il comitato CEDAW ha raccomandato all’Italia di modificare il reato di violenza sessuale, eliminando i riferimenti alla violenza o alla minaccia e garantendo la centralità del consenso della vittima “come elemento determinante” del delitto. l’Italia, entro sei mesi, dovrà dare conto di tutte le azioni intraprese in virtù di questa decisione.

Inoltre, Amnesty International Italia, proprio per far fronte alla lacuna del codice penale italiano, ha avviato una petizione finalizzata a riportare l’attenzione sulla necessità di ridefinire il reato di violenza sessuale sulla base del consenso.

Amnesty International
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Dottoressa in Giurisprudenza, abilitata alla professione forense, con un Master in Studi e Politiche di Genere. È un'attivista digitale, crea contenuti legali per Chayn Italia, una piattaforma che si occupa di contrastare la violenza di genere utilizzando strumenti digitali, ed è membro della Redazione de Il ControVerso. Scrive su attualità, diritti umani, privacy e digitale, inclusione, gender gap, violenza di genere.
Attualmente lavora nel settore dell'editoria libraria.

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