Milva: la teatrale interprete della musica italiana

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Un’atmosfera intensa è quella che crea la pantera rossa di Goro quando canta: Milva, nome d’arte di Maria Ilva Biolcati.

Notata per la potente grinta vocale, esordisce al festival di Sanremo del 1961 con “Il mare del cassetto”, posizionatosi al terzo posto. L’impronta strutturale e climatica di quegli anni era popolare: si innestava la cosiddetta musica leggera, di cui Milva si configura, fin da subito, una grande promessa. Presente ben sedici volte al festival, i brani esibiti sono canzoni romantiche, attraverso cui la pasta vocale di Milva, calda e avvolgente, trasmette emozioni in maniera impattante e densa.

Da ricordare alcune tra le sue più celebri canzoni presentate alla kermesse: “Canzone”, brano scritto da Don Backy (coautore de “L’immensità”) del 1968; “Uomini addosso” del 1993, scritto da Roby Facchinetti e Valerio Negrini dei Pooh; “The show must go on”, brano di Giorgio Faletti, ultima canzone presentata a Sanremo nel 2007, manifesto del suo vissuto artistico.

Nel 2018 è stata anche insignita del premio alla carriera “città di Sanremo”, fortemente proposto da Cristiano Malgioglio. Il premio è stato ritirato dalla figlia, Martina Corgnati, la quale ha presentato un discorso scritto dalla madre: oltre ai ringraziamenti, si faceva riferimento alla carriera europea che ha contraddistinto Milva; la carriera teatrale e l’amicizia con Giorgio Strehler; le collaborazioni che hanno costellato il suo percorso artistico, tra cui Enzo Jannacci, che coniò il termine “La rossa” nell’omonima canzone da lui scritta[1].

Milva è stata in grado non solo di prestarsi a manifestazioni e composizioni popolari, ma anche di elevarsi ad interprete di iconiche canzoni quali “Bella ciao” e “La filanda”, contenute nell’album “La filanda e altre storie” (1972), il cui titolo suggerisce l’impostazione narrativa, in cui la cantante si delinea come cantastorie polimorfa, abile nell’interpretare sia la canzone impegnata sia quella ironica.

In quegli stessi anni, viene pubblicata anche la raccolta “Canzoni di Edith Piaf”, la quale presenta le versioni italianizzate delle emblematiche composizioni dell’illustre interprete francese Edith Piaf, tra cui “Milord” e “La vita è rosa” (“La vie en rose”).

Si ricorda, in più, l’album “Milva canta Brecht”, testimonianza dell’attenzione alla drammaturgia, di cui Brecht è un rilevante rappresentante. Milva, sotto la supervisione artistica del regista Giorgio Strehler, ha portato in musica passi delle opere teatrali del drammaturgo tedesco, esibendole anche nei teatri.  

Da citare, inoltre, la collaborazione con l’amico e cantautore Franco Battiato, del quale ha inciso diversi brani, come “No time no space” e “Le aquile”, e canzoni per lei appositamente scritte quali “Una storia inventata”, che dà titolo all’album del 1989; o la sua ormai emblematica “Alexander Platz” – titolo ispirato ad una celebre piazza di Berlino – la cui interpretazione è ricordata ancora come tra le più memorabili del panorama italiano. Milva, in quest’ultima, entra pienamente e teatralmente nella parte di una donna che vive una storia d’amore negli anni del muro di Berlino. Fortissima la carica emotiva sul conclusivo “ti piace…Schubert?”.

La connessione intellettuale dei due artisti è testimoniata proprio in questa canzone. Milva riteneva Battiato “un sarto che prendeva le misure”, capace di cucire canzoni su misura alle sue vocalità e personalità. “Alexander Platz” è frutto di quella considerazione: la doppia natura, italiana e tedesca, della pantera di Goro, ascoltatissima anche in Germania, ha ispirato il cantautore alla realizzazione del componimento, da lei magistralmente calzato e indossato.

La sua carriera è stata intessuta di un rilevante focus interpretativo che attirerà l’attenzione di importanti poeti, cantautori e compositori che scriveranno per lei. Difatti, riusciva ad immergersi nelle note, accompagnandole con intenso trasporto, grazie anche alla mimica e alla presenza scenica, sembrando quasi avvolgersi in quelle atmosfere, innalzando in tal modo la comunicatività, aggregando le sue due impostazioni artistiche, teatrale e musicale, con coerente armoniosità.

Si ricorda, in particolare, un’ospitata della cantante a “Serata d’onore” del 1989, programma condotto da Pippo Baudo. In tale occasione esibirà, con il suo peculiare coinvolgimento emotivo, le poesie a lei consegnate dal poeta Franco Fortini e dallo scrittore Giovanni Raboni. Si riportano qui di seguito:

“Cerco la mia collana e non la trovo e il pettine non è dove volevo. Si è fatto tardi e devo salutarti e non so più chi ero e chi sarò[2]”.                            

 “Sì, l’alba era più forte/Sì, vince i sogni la realtà:/ Eppure solo in sogno/ viene a noi la verità. Così si chiude un fiore/ se il sole non c’è più, / ma tutto il suo colore/ raccoglie in sé[3]”.

I loro versi sono l’omaggio ad un’artista da cui furono impressionati, per colore vocale e per la classe che la contraddistinguevano.

Tra i poeti che più si sono interessati alla personalità di Milva si ricorda senza dubbio Alda Merini, sulle cui poesie è stato pubblicato nel 2004 l’album “Sono nata il 21 a Primavera. Milva canta Merini”. Il 21 è la data di nascita della poetessa milanese: alcune tra le sue più celebri liriche sono state musicate, tra le quali spicca proprio la poesia che dà titolo all’album, e che ripercorre alcune delle sue più recondite esperienze, specie quella della follia (“Sono nata il 21 a primavera/ ma non sapevo che nascere folle, aprire le zolle/ potesse scatenar tempesta”).

La sua penna è riuscita, forse più di tutte, ad esprimere cosa sia Milva, e cosa rappresenti la sua anima, il cui specchio si rinvengono essere gli occhi:

“Non occorre che io mi sieda sul letto/ a rivedere i sogni perduti/ basta guardare gli occhi di Milva e vedo la mia felicità/ coloro che pensano che la poesia sia disperazione/ non sanno che la poesia è una donna superba e ha la chioma rossa. / Io ho ammazzato tutti i miei amanti/ perché volevano vedermi piangere/ e io ero soltanto felice”

 Dall’album “Sono nata il 21 a primavera”, Gli occhi di Milva, 2004.

Ridurre Milva ad una delle tante voci della musica popolare è una diminuzione. Come afferma la Merini “la poesia è una donna superba e ha la chioma rossa” … Milva è Poesia; si è erta ad attrice delle poesie, dei sentimenti e delle storie altrui, riuscendole a fare proprie. La poliedricità con la quale inglobava le canzoni, con le quali riusciva a diffondere atmosfere pregne di pathos, è stata la cifra distintiva di quella che è definibile come una delle più fini e raffinate interpreti della musica italiana.

Una delle definizioni più compiute, a testimonianza della levatura culturale che Milva rappresenta, è quella attribuitele dal compositore e musicista Ennio Morricone, il quale le aveva consegnato alcune delle sue più celebri composizioni nell’album “Dedicato a Milva da Ennio Morricone”: “La voce di Milva, con la sua popolaresca tensione, con la sua raffinata interpretazione, con il suo calore dolce e forte, rappresenta per me uno dei più alti del mio ideale di cantante”. 


[1] https://www.raiplay.it/video/2018/02/Sanremo-2018-Premio-alla-carriera–Milva-da9d6a2e-a677-4688-8723-633edefa0110.html

[2] Da “Poesie inedite”, Einaudi, Torino.

[3] Di Giovanni Raboni, “In sogno”

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