“Quando c’è l’amore c’è tutto”
“No, no. Chell è ‘a salute”.
Qualcosa mi suggerisce che con questa battuta, diventata ormai celeberrima, Troisi non stesse parlando solo di salute fisica – per cui ci si preoccupa sempre, costantemente, quasi fosse l’unico baluardo degno di esser preso in considerazione – al contrario, si riferiva anche – soprattutto – a quella mentale.
Correva l’annata del 1981 e, all’epoca, la salute mentale non era altro che una quisquilia bagatellare, un capriccioso piagnucolio risanabile con una semplicissima chiacchierata con un amico – e non c’è mica bisogno di conseguire una laurea in psicologia o psichiatria per far sì che un nostro amico accolga le nostre astratte paturnie, che si renda destinatario delle nostre frivole tristezze.
Corre l’anno 2022 e, colpo di scena, secondo lo Stato italiano, persino un rubinetto capace di gettare acqua con regolarità supera di gran lunga l’importanza del benessere della psiche – o almeno è quanto dichiarato nella Legge di Bilancio.
E non finisce qui: ricordiamo che un monopattino scattante e veloce occorre per omaggiare la puntualità sempre e comunque, per raggiungere il posto di lavoro più in fretta possibile, senza perdersi nei meandri demoniaci del traffico cittadino. Che poi tu ti rechi in ufficio in compagnia di un mostro che ti corrode, che superbamente s’impossessa della tua anima, che ottunde il tuo intelletto, non lasciandoti un brandello di respiro – questo non interessa a nessuno.
Perché si sa che la sanità mentale può essere sacrificata sull’altare di una sfrenata produttività, che su di essa incombe lo spettro di un’ascia appuntita, sul cui apice compare la scritta “capitalismo”. E innanzi a questa onnipotente divinità, tutto può essere immolato in nome di un depravato neoliberismo liturgicamente celebrato tra le mura rimbombanti di una fabbrica, tra le pareti ovattate di una banca, sulle scrivanie traboccanti di inutilissime carte. Che poi tu ti segga avendo alle calcagna un’assordante ossessione che ti trapana il cervello o un male che ti porta a dubitare persino del senso della tua esistenza – tutto questo non importa.
Corre l’anno 2022, e la scure capitalistica ancora continua a mietere vittime, ma stavolta sullo sfondo saccheggiato e depredato da una devastante pandemia, non solo per le migliaia di morti causati, ma soprattutto per l’insopportabile malessere in grado di frastornare anche la persona con l’equilibrio più ferreo.
In una bolgia infernale dove si aggira chi ha perso il lavoro, chi è da ormai svariati anni in smart working ed è stato spogliato anche di quel residuale contatto umano sul posto di lavoro, chi è barricato nella propria stanza e non vuol saperne di uscire, chi teme un abbraccio o un’innocentissima stretta di mano – in questa bolgia, lo Stato italiano predilige le terme, i monopattini, le ristrutturazioni immobiliari, i rubinetti. I rubinetti. L’importante è che ci si lavi – anche con una mente ottenebrata, ma bisogna sempre essere lindi e puliti.
Questo Leviatano, dalle sembianze di un inquietante camaleonte, ma con un cognome che rimanda a creature mitologiche identificate solitamente come acerrimi nemici (e forse non solo nelle fiabe), finge di non comprendere che si è nel bel mezzo di una farneticante emergenza, che quei 50 milioni di euro forse erano anche troppo pochi per tentare almeno di rattoppare i danni gravissimi cagionati dall’epidemia.
Il Leviatano persiste nell’ignorare l’appello accorato del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi che, a gran voce, ha urlato che le richieste d’aiuto sono aumentate del ben 40% e che, purtroppo, il 30% dei pazienti si trova costretto ad abbandonare qualsiasi terapia iniziata per indisponibilità economica.
Perché no, non esiste nessun tampone che possa rilevare il dolore, il disturbo, la malattia che ingabbia la mente, traghettandola nei più oscuri abissi. Non esiste un vaccino che abbia il potere di liberare la mente stessa dai veleni che l’hanno perpetuamente invischiata, annientandola. Non esiste nulla di questo. E non esisterà, se lo Stato “sociale”, “di diritto”, sotto l’egida di una democrazia dai contorni pesantemente sbiaditi, continuerà a violare impudicamente il valore costituzionale della salute, in qualità di “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.
