Cosa ci dicono le violenze degli Alpini sulla cultura che abitiamo?

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In un domino fatto di molestie e violenze, gli Alpini, durante la novantatreesima adunata avvenuta a Rimini agli inizi di maggio, si divertivano. “Portavano avanti la tradizione”, ha scritto qualcuno mentre “continuavano a molestarci e a ridere, come se fosse un gioco”, ha raccontato una vittima. 

Le parole più ricorrenti usate dalle persone presenti e dalle stesse vittime descrivono uomini “senza controllo”. Oltre 500 sono state le segnalazioni raccolte contro gli Alpini che hanno ritenuto di essere in diritto di avvicinare, toccare, molestare, qualsiasi donna capitasse nel loro raggio di azione. Come sia stato possibile è una prima domanda ricorrente. La prima risposta possibile deve necessariamente guardare alla dinamica del branco: molestie e violenze di gruppo non sono cosa nuova.

Se un uomo abusante e molesto potrebbe incontrare degli ostacoli nel portare avanti pubblicamente il suo comportamento, che cosa succede se decine, centinaia, migliaia, di uomini diventano tutti, contemporaneamente, violenti? La risposta è nei video e nelle testimonianze delle giornate di Rimini che mostrano una connivenza collettiva – tutta al maschile – di abusi contemporanei e ripetuti.

Stasera devi essere tollerante” si sente in una ripresa video. Perché “stasera” è la sera in cui il branco vince, perché se c’è il branco, quello che accade, è che ogni azione è concessa perché affiancata da centinaia di azioni simili. Troppe, per essere interrotte. In una bolla in cui, spalla a spalla, ogni uomo tutela quello al suo fianco per il semplice fatto di agire come lui. In questa dinamica che trasuda desiderio di predominazione, potere violento e abuso fisico e verbale, il branco, che impera sovrano, lascia che i singoli si muovano tra diritto e dovere d’abuso, così che nessuno rimanga fuori. 

Ma chiedendoci come sia stato possibile dovremmo anche chiederci: cos’è che alimenta le dinamiche di branco e perché di dinamiche di branco tutte al femminile nelle memorie degli abusi non c’è traccia? Perché la violenza di gruppo è uno scandalo pubblico, ma continua a succedere? Perché centinaia di donne molestate non sono più uno shock?

La risposta è che nella cultura che abitiamo la subordinazione fisica e sociale femminile è vissuta come se fosse normalità. Nella cultura che abitiamo, una molestia diventa un complimento, una mano buttata ridendo su un corpo femminile diventa goliardia, l’insistenza diventa corteggiamento e un’allusione sessuale non gradita diventa solo un gioco. E così la donna diventa “frigida”, “stronza”, “devi fare più sesso”, come si sente nei video testimonianza nei fatti di Rimini (e nella vita quotidiana di ogni donna, se solo ci fosse qualcuno ad ascoltare). Ed è quindi così che l’attacco degli Alpini alle donne diventa, d’improvviso nell’immaginario connivente, un attacco delle donne agli Alpini. È infatti nella stessa cultura che abitiamo che le dichiarazioni successive ai fatti sono oscillate tra mutismo e dita puntate. Se alcune dita puntavano agli alpini, molti giudizi sono stati riversati sulle vittime da chi sarebbe stato deputato a difenderle. 

La Conferenza delle donne del Pd di Rimini firma e dichiara: “intendiamo dissociarci da toni accusatori, tesi a incrementare un clima di polemica generalista e qualunquista, che getta un inaccettabile discredito verso un Corpo dal valore riconosciuto e indiscusso del nostro Esercito. La cospicua presenza di Forze dell’Ordine a presidiare un evento così partecipato, era a garanzia della tempestiva segnalazione, repressione e denuncia di eventuali episodi a connotazione antigiuridica”.

Ogni molestia che non vede denuncia non è mai avvenuta, il nome di buoni alpini non va infangato. Recita il sottotesto del PD. “Viva gli Alpini, più forti di tutto e di tutti”, commenta Matteo Salvini alle notizie di molestie che si susseguono.

La cultura che abitiamo è una cultura patriarcale ed è una cultura dello stupro, perché il mancato consenso della vittima si scopre dopo l’aggressione e il consenso è dato per scontato: scollatura significa fissami; gonna corta significa toccami. Non c’è domanda che precede il gesto perché la lettura collettiva ha deciso che il consenso fosse implicito. È così che ogni rifiuto sembra un atto di ribellione ad ogni uomo che fino ad ora ha liberamente urlato e toccato donne per le strade godendosi quello che alla cultura che abitiamo piace definire “la natura di ogni uomo”. 

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