La Russa, un caso di cattiva coscienza

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Ignazio La Russa. Parlamentare, classe 1947, è stato eletto nella prima volta nel ’92 alla Camera dei Deputati col MSI (movimento sociale italiano) per poi ricoprire ruoli istituzionali quali il Ministero della Difesa e la Vice presidenza del Senato e ricoprendo ruoli chiave nei governi Berlusconi. Oggi è l’attuale seconda carica dello Stato, ricoprendo appunto il ruolo di presidenza del Senato. Una carriera meravigliosa per Ignazio, macchiata solamente da una minuscola inezia che pare trascurabile: il suo essere dichiaratamente neofascista. Un fascista alla guida di una carica istituzionale.

Dopo la sua collega Meloni, la cui militanza giovanile con le annesse dichiarazioni d’epoca in Alleanza Nazionale parlano da sé, anche La Russa ce l’ha fatta ed è arrivato al secondo scranno della Repubblica. Già questo basterebbe e dovrebbe, in un Paese con la storia come l’Italia, aprire una riflessione d’opportunità politica e provvedimenti giudiziari; ricordiamo, infatti, che l’apologia di fascismo è reato. Ma si sa, il bel Paese ed i suoi abitanti hanno la memoria di un pesciolino rosso. Per cui lasciamo correre; gli italiani dimenticheranno in fretta, ancora una volta.

E poi Ignazio con l’età si è moderato, è pronto. Questo deve essere più o meno ciò che avranno pensato a Montecitorio al momento della sua proposta; ricoprirà il suo ruolo al massimo delle possibilità, non creerà caos e sarà visto sotto un’aura nuova, quasi familiare. Come il vecchio zio canuto che ciascuno ha in famiglia, quello con idee un po’ bislacche, ma di una serietà ferma e saggezza acquisita nel tempo. Ignazio, il nuovo zio di Italia, pronto ad assumersi responsabilità nuove. Lo zio burlone, quello che inviti a Natale, che si presenta tutto serio e composto, in giacca e camicia, con la barba in ordine e una goccia di profumo sui gemelli senza scomporsi, ma che durante la cena, in amicizia e confidenza, si ubriaca ed inizia a dare sfoggio ai suoi pensieri, martellando la lingua  senza freni e discutendo anche a vanvera, mischiando, nei suoi discorsi, razzismo, misoginia, un po’ di omofobia e qualche parolaccia divertente, ma il tutto senza cattiveria; semmai con malinconia decadente di un passato, dalla sua, mai superato.

Quello zio che inizialmente mal si sopporta ed i cui discorsi disgustano o mettono sgomento, ma che dopo un po’ si guarda senza odio ma con tenerezza di rara pietà cristiana ed in fondo, dentro di sè, gli si vuol bene a quel burlone, perché si sa che quando non alza il gomito saprebbe addirittura dare consigli validi, insieme ad un buffo o una pacca sulla spalla. Perché non ha malizia, in fondo. È solo ancorato alla sua età e ad un mondo che, per fortuna, non esiste più. In fondo avrebbe potuto funzionare e Donna Giorgia non avrebbe corso pericoli di gaffe da Zio Ignazio, sarebbe bastato tenerlo lontano dalle feste dei salotti televisivi e non fargli alzare il gomito con la sua prosaica retorica.

LE FRASI SCANDALO

Tuttavia non sempre va come si vorrebbe. E così l’Ignazio seconda carica dello Stato inizia a frequentare con non chalanche i salotti televisivi, e giù di interviste ed ospitate ed è proprio in quei momenti che accade l’irrefrenabile.

«Un figlio gay? Lo accetterei con dispiacere. Perché una persona come me eterosessuale vuole che il figlio gli assomigli. Però se non mi assomiglia pazienza. È come se fosse milanista»

Queste sono solo alcune delle frasi che la seconda carica dello stato ha pronunciato durante l’intervista a Belve, l’ottimo programma della Fagnani. La Russa non ha resistito ed ha ben pensato di regalare questa perla di saggezza ed il relativo imbarazzo ad un centrodestra già in enorme difficoltà sul tema dei diritti sociali, con la Meloni che pur cercando di divincolarsi da tali difficoltà paga il dazio di aver messo l’uomo sbagliato nel posto più sacro della Repubblica, dopo il Quirinale.

La Russa, un tempo soprannominato La Rissa per la sua verve di attaccabrighe, che oggi rinnega definendosi addirittura un coniglietto rispetto alla giornalista, muta magistralmente la sua forma e diviene La Cazzola, dato che ne spara una dopo l’altra; il tutto, cercando la bontà di una goffaggine che è in realtà un velo di Maya che cela le muffe di un vecchio fascista che non si è mai adeguato ai tempi ed ha le idee parecchio confuse sui diritti odierni. Le dichiarazioni che fanno discutere di La Russa non finiscono qui. Dopo aver sfoggiato l’omofobia sfoggia un altro cavallo di battaglia del suo repertori: il rapporto tra donne e politica.

«La parità tra uomo e donna in parlamento non si ottiene con le quote rosa, ma quando una donna grassa, brutta e scema rivestirà una carica importante. Perché ci sono uomini brutti, grassi e scemi che ricoprono ruolo importanti»

Questa è l’altra frase che ha lasciato sgomenta la conduttrice e fatto maggiormente discutere. Anche per la reazione di La Russa che in modo sincero è rimasto stupito dall’esser sgomento della giornalista che evidentemente non aveva colto, secondo il Presidente del Senato, il “complimento” alle donne.

Su queste dichiarazioni, però, deve essere posta una nuova riflessione nel dibattito italiano, ossia: La Russa fin dove ha torto nel pensiero ed in che modo è recepito dagli elettori italiani? Perché tolta la patina di indignazione di massa, che contornata dal politically correct, diviene anche assai stucchevole, rimane una domanda: quanto del contenuto espresso da La Russa sia percepito come sbagliato agli elettori medi e quanto siano davvero condannati i suoi pensieri dalla destra e non solo la forma di questi.  È su questo accento, e non solo sull’inadeguatezza dell’ex ministro a ricoprire la seconda carica dello Stato, che va posta l’attenzione.

LA FORMA ED IL PENSIERO

Analizzando la frase ed il pensiero di La Russa nei dettagli si evince che la forma espressa è di una rozzezza incredibile; senza peli sulla lingua né coscienza di ciò che si è appena espresso, dato che il sistema democratico non si basa sull’estetica corporea ma su programmi, conoscenze e capacità di attrarre voti nonché i ruoli istituzionali sono scelti dagli stessi partiti di cui il Presidente del Senato fa parte e che con le sue parole condanna di maschilismo ed incompetenza generale assai diffusa. Se ciò sia realtà diffusa o meno, è altro conto. Della forma una delle più alte cariche istituzionali non può fare a meno e qui La Russa esce fuori dalle istituzioni e diviene  Zio Ignazio La Cazzola.

Inoltre se la forma latita, ancor più aggravante è il concetto, poiché esso sostiene che, in quel che dovrebbe essere la parità dei sessi, e non la difesa del genere femminile – il quale non ha necessità, fortuna sua, di esser difeso da La Russa – la donna da inferiore deve essere tutelata dall’uomo che deve affidarle incarichi di potere non in base alla bellezza oggettiva. Essendo uomini sbagliati nei posti sbagliati e per lo più brutti quando si arriverà ad avere donne sbagliate nei ruoli sbagliati e per lo più brutte, si avrà la parità. Qui si rivela tutta la storia dell’ex ministro e l’attuale pensiero della destra di governo.

Per la destra italiana, quindi, i diritti fondamentali quale quello della parità dei sessi, sul quale è anacronistico perfino parlare oggi di solo sex binary lasciando fuori le altre categorie, vanno affrontati peggiorando le cose. La parità non sta nel merito e nel mettere persone giuste nei posti giusti rispettando il processo democratico ma tutelando coloro che si ritengono deboli, ossia le donne, non penalizzandole per il loro esser donne ma promuovendole in posti alti solo perché lo sono, anche se “brutte e sceme” ed anche incompetenti, di fatto attuando comunque discriminazione. Perché per quanto ci si provi a destra ad essere civili e paritari va bene tutto, basta non propongano persone di merito, sia maschili che femminili, perché quello davvero creerebbe problemi.

Una mentalità da vecchio camerata che ha cercato di aggiornarsi, ma non ha funzionato del tutto risultando goffo nel proporre questa soluzione di parità. E lo stesso vale per la prima frase sull’omosessualità: si cerca una moderazione nel paragonare un figlio omosessuale ad un figlio tifoso di un’altra squadra per placare un pensiero omofobo controverso che potrebbe creare problemi. Paragonare l’ identità personale ad un hobby, come il tifo, non è solo sminuire la persona, ma è anche lesivo per i suoi diritti e per la dignità umana, ma a concepire questo la Destra italiana non arriverà mai.

Seduta inaugurale XIX Legislatura al Senato

LA CATTIVA COSCIENZA

La cosa tuttavia più aggravante di tutti non è La Russa che tutti noi conosciamo. Non lo scopriamo oggi e i suoi pensieri non sono una novità nel panorama politico, semmai la novità sta in quel tentativo goffo di moderazione che età e forse amici politici gli hanno consigliato e lui ha maldestramente eseguito. Dalle sue parole non trapela malizia, ma un evidente anacronismo misto ad ignoranza, il che rende ancor più grave la sua Presidenza. Se lui è l’anima moderata di una destra neo fascista, oramai al potere, che cerca in modo sincero di evolversi e questo è il meglio che riesce ad esprimere, allora viene da chiedersi di cosa siano capaci le forze che appoggiano la Meloni e che non si son moderate affatto. Ed è qui il nodo.

La Meloni è stata votata. Gli italiani, non tutti per fortuna, hanno scelto lei ed il suo partito neo fascista per la guida del paese. Questo indica che la mentalità italiana è ancora radicata nell’ignoranza ed aggrappata ad un anacronismo velato da un ipocrita modernità. Perché se è vero che le parole di Zio Ignazio hanno fatto scalpore, è vero anche che non lo hanno suscitato più di tanto. Perché se è vero che la forma è stata condannata, il senso e contenuto non più di tanto. La Meloni è ancora in testa nelle preferenze, tutto è stabile nella sua instabilità. Allora bisogna chiedersi quanto in questo momento gli italiani abbiano davvero coscienza e sentano il peso dei diritti schiacciati.

Forse solo i giovani, orfani di una sinistra con idee chiare, che tentano di lanciare temi nuovi pur essendo soli, sono calati nella realtà e stanno sviluppando coscienza, mentre la maggioranza è in un tepore sensoriale, che condanna ma non abbastanza, che in fondo pensa che Zio Ignazio ha alzato il gomito, ma in fondo non ha detto cose del tutto insensate, che questo buonismo ha rotto e che è vero se un figlio è gay per lui è una disgrazia vivere in Italia e se una donna è brutta ha meno possibilità perché avanti va chi si fa merce, perché la disparità tra i ricchi ed i poveri cresce e va avanti sempre la stessa minestra.

Ma se l’italiano medio pensa questo allora diviene anche chiara la vittoria della Meloni. Diviene chiaro il problema, che è sempre culturale. Un problema enorme che è a fondamento degli altri e non secondario, anzi. Un problema terribilmente primario, perché se un Paese che affonda per scelte economiche sbagliate, per una politica industriale incerta e rapporti internazionali errati, allora ciò è dovuto in origine ad una cattiva coscienza del popolo. La cattiva coscienza è figlia di una mentalità anacronistica e di una convinzione che recita che è meglio omologarsi e pensare ad affidarsi alla credenza che all’azione. La cattiva coscienza è figlia di un’ipocrisia velata ed un bigottismo che appena ha l’occasione fuoriesce. La cattiva coscienza è quella tutta italiana che a differenza di altri paesi, come la Germania, non ha mai fatto i conti col passato. Tutto ciò è cattiva coscienza. E la cattiva coscienza si paga. E oggi la paghiamo con  La Cazzola e Donna Giorgia, come ai tempi la pagammo con il signor B. e il senatore di Rignano.

Ma non è tutto perduto. Rimangono gli animi liberi: i non più ragazzi; i giovani con idee nuove, i militanti, che anche in partiti morti come il PD provano a lanciar segnali, gli oppressi pronti all’azione, i pensatori che lanciano la loro voce anche attraverso l’inchiostro di una stilo o attraverso la loro arte. Rimangono loro e rimaniamo noi. Una piccola fiaccola che riaccende il tema dei diritti e che vive.

Tutte queste anime ribelli e spiriti liberi sono eterei giovani possono indirizzare l’Italia verso il porto giusto, sono ciò che nell’ Italia necessita e deve aver posto. Peccato però che l’Italia non sia un posto per giovani.

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Fabian

Ottimo articolo, complimenti