Guida poco perversa alla “Guida Perversa al Cinema”

Tempo di lettura: 6 minuti

In Copertina grafiche di Graham Humphreys – Immagine tratta da http://www.thepervertsguide.com/stillpress.html

Guida Perversa al Cinema – questo film documentario del 2006 di Sophie Fiennes – l’ho visto per la prima volta su consiglio della mia colta sorella. “Devi guardarlo” mi aveva detto più o meno testualmente “Slavoj Žižek è geniale.”

Ebbene, posso a mia volta confermare il giudizio: Žižek è geniale. Ma che cos’è questa lunga lettura in termini psicologici, filosofici, del cinema? E chi è questo Slavoj Žižek?

Iniziamo dal film, e dalla sua regia. Forse di Sophie Fiennes qualcuno riconoscerà il più celebre fratello attore, Ralph (il Voldemort della saga di Harry Potter e l’SS Amon Goth in Schindler List). È Sophie ad aver ideato e girato questo lungo documentario la cui voce e volto narrante è il citato Slavoj Žižek, psicoanalista, filosofo e sociologo sloveno. 

Žižek accompagna lo spettatore attraverso un discorso che, a differenza di quanto ci si potrebbe aspettare da un “film sui film”, da tali film non parte affatto. E non si propone di spiegarli, accedendo a una dimensione speculativa delle scelte registiche, della fotografia, della sceneggiatura. No, Žižek parte dalla società. Dai suoi simboli. Dal funzionamento delle pulsioni completamente umane (seguendo, fedelmente rispetto alla sua professione, un filone freudiano di pensiero), dall’amore, dal terrore, dalle modalità con cui l’istinto ci porta a identificarci, o distaccarci, dai personaggi e dalle storie che vediamo. Parte da lì, e spiega tutto ciò attraverso il cinema e alcuni dei suoi grandi titoli.

Sophie Fiennes e Slavoj Žižek

L’idea di fondo è semplice: spiegare concetti attraverso l’analisi della loro più fedele e dinamica rappresentazione. Sotto questo punto di vista, Guida perversa al cinema è essenzialmente un tour. Un tour nel cinema, certo, ma solo di striscio: è piuttosto un tour nell’inconscio umano, idealizzato e incompreso e incomprensibile; eppure, così facilmente stampabile su pellicola.

Guida Perversa è divisa idealmente in tre parti. La prima è un discorso sul genere cinematografico, la seconda sulla rappresentazione della pulsione sessuale, la terza è una considerazione su ciò di cui – parola di Žižek – tutti i film contemporanei parlano realmente: la “possibilità o impossibilità di fare un film”. 

Prendiamo Dogville, ci invita Žižek, capolavoro di Lars Von Trier. Per chi non lo conoscesse, Dogville è un film la cui trama, per quanto terribile da sostenere psicologicamente, è fondamentalmente semplice: siamo negli anni Trenta, una giovane donna interpretata da una straordinaria Nicole Kidman si rifugia in una cittadina al bordo di una miniera – Dogville, appunto – e chiede ai suoi abitanti di nasconderla: è inseguita dalla spietata mafia locale. I cittadini accettano e la donna si offre di compiere piccoli lavoretti e supportare la comunità. Ma la situazione degenera: gli abitanti di Dogville iniziano a pretendere sempre di più da Grace. La giovane inizia a subire abusi – psicologici, fisici, sessuali – sempre più violenti, fino al culmine della privazione della sua dignità: le viene imposto di indossare un collare e una catena, come un cane, per assicurare che non sarà in grado di fuggire.

Alla fine, gli abitanti di Dogville decidono di consegnarla ai suoi inseguitori. Qui si scopre il motivo della fuga iniziale: Grace è la figlia del potente, spietato boss, il quale la cerca disperatamente in modo che possa lasciare a lei le redini della malavita che governa. Svelata la verità, distrutta l’illusione di poter essere una persona buona, pura, in un mondo di umani che si divorano tra loro, Grace accetta la sconfitta del proprio ideale: dà un ordine, e Dogville viene rasa al suolo, mentre nessuno degli abitanti viene risparmiato, se non un cane la cui sagoma, dissolvendosi in una creatura reale, continua ad abbaiare chiudendo il film. 

Selezione di fotogrammi presentati in “Guida perversa al Cinema” tratti da “Dogville” di Lars Von Trier

Sì, il cane, per tutta la durata del film, è una sagoma. Così come le strade, le case, il mobilio. Il film è interamente girato in un teatro di posa, recitato su una piantina che indica porte, abitazioni, alberi. È un film che ostenta la propria messinscena, eppure lo spettatore non può fare a meno di percepire emozionalmente tutto ciò che accade, di star male per ciò che accade, di pensare a ciò che accade. Žižek lo definisce un esperimento di fede, il banco di prova della convinzione del suo regista: il cinema come finzione – esposto, denudato, messo a fuoco nella sua non-realtà – non impedisce di credere alla vicenda, di provare dolore e rabbia. L’illusione “persiste, è più reale della realtà che la sorregge”, e l’apparenza “ha una sua concretezza, una sua propria realtà”.

E allora è per questo che un filosofo e psicoanalista si occupa di cinema, e lo fa partendo dalla società e dai suoi simboli, cercando un filo rosso attraverso le forme – anch’esse pregne di un messaggio proprio – cinemiche e registiche. Un filosofo si occupa di cinema perché film e filosofia si incontrano: un grande film, un grande cineasta, “permette di pensare in termini visivi”.

Žižek, durante tutto il film, sembra divertirsi a entrare nei set delle scene dei film che cita: lo vediamo ora ad annaffiare le aiuole lynchiane di Velluto Blu, ora nel bagno insanguinato della Conversazione di Coppola, ora a visitare il laboratorio di Frankenstein o di fronte a Morpheus che offre la pillola rossa e la pillola blu a Neo in Matrix. Sembra che questo signore narrante – a volte un po’ concitato – entri dentro a ogni film per portarne fuori qualcosa. Le citazioni non sono mai chiuse in sé stessa, ma si intrecciano, comunicano. 

Žižek nei film che descrive: dall’alto lo vediamo in “La donna che visse due volte” di Hitchcock, “Velluto Blu” di Lynch, “Gli Uccelli” e “Psycho” di Hitchcock, “La Conversazione” di Coppola e “Mulholland Drive” di Lynch – fotogrammi tratti da “Guida Perversa al Cinema

Mentre Žižek fa un monologo, i film che nomina o esamina conversano tra loro. 

Ed ecco che Dogville di Von Trier, con il suo teatro di posa ostentato, vuoto, che lascia intravedere interni e azioni come finestre sull’anima, intreccia la sua filosofia a quella di Strade Perdute di Lynch, che pone di fronte allo spettatore un “Uomo Misterioso”, onnisciente, ubiquo, simbolo del regista che tutto vede e tutto coordina, ma anche dello spettatore che, invisibile, segue le vicende di vite che nello schermo hanno una propria realtà, una propria dimensione.

C’è il gerarca interpretato da Chaplin ne Il Grande Dittatore, che sogna di conquistare il mondo, e del suo doppelgänger giudeo e la folla che applaude i discorsi così opposti entrambi allo stesso modo, questo mondo che comunica direttamente con Psycho di Hitchcock, e con il suo Norman Bates dalla duplice persona e dalla duplice voce, in un’interessante digressione sulla potenza della vocalità, nel cinema.

Ecco che il desiderio messo a nudo quasi teatralmente in Eyes Wide Shut, nella scena dell’orgia che sembra, per la sua struttura registica quasi clinica, praticamente priva di forza erotica, fa da contrasto alla descrizione verbale di un rapporto a quattro in Persona di Ingmar Bergman, carica di un erotismo potente in quanto la mancanza di un supporto visivo della scena lascia che la mente dello spettatore corra, si nutra della propria immaginazione, seguendo la voce di Alma.

Il Cinema, esaminato nelle sensazioni che genera e nelle riflessioni che produce, è l’analisi della creatura umana. E viceversa: la creatura umana, con il suo funzionamento intricato e strano, è la chiave di interpretazione dell’arte cinematografica.

Per vedere Guida Perversa al Cinema non serve conoscere tutti i film di cui si parla: ribadisco la mia convinzione che siano più strumentali che protagonisti della discussione di Žižek. Ma vi do un consiglio: tenete vicine carta e penna, mentre lo guardate. Segnatevi i titoli in sovraimpressione: sono tutti film che meritano di far parte del vostro bagaglio di cultura e di emozione. Sono opere di alcuni di quei grandi cineasti che – come dice Žižek – vi permettono di pensare, che vi pongono di fronte a uno specchio della realtà, che vi scrutano dentro mentre voi scrutate a vostra volta le vite di coloro che la settima arte rende, per voi, reali ed esistenti.

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