La grande bellezza ricomincia da 3

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Raffaele La Capria, nel suo libro vincitore del Premio Strega “Ferito a morte”, parlava di una “grande occasione mancata” che avrebbe dovuto materializzarsi negli attimi scanditi di una “bella giornata”: quest’inesorabile bellezza intrisa di spasmodica attesa, di bruciante speranza avrebbe dovuto consumarsi nella magnifica cornice di Napoli, seppur cosparsa di tutte le brutture di una tipica città eternamente al tracollo, seppur agonizzante tra tutti i problemi inferti da una pessima amministrazione e, talvolta, dai suoi stessi abitanti, seppur “ferita a morte” in mille brandelli.

Stanotte, invece, la grande occasione si è avverata e l’ha fatto nel modo più consono al popolo partenopeo – a 900 km di distanza – quasi come a ricordarci la più classica delle cantilene: il napoletano emigra per cercare migliori condizioni di vita, per lavorare più dignitosamente, per tentare di raggiungere quell’ordine che a Napoli sarebbe proibitivo. Eppure, il napoletano è sempre afflitto da un’eterna nostalgia, gli manca quell’insostenibile caos che, a volte, può infastidire, ma a cui non potrebbe mai rinunciare – quasi come un proprio segno distintivo, una carta d’identità che calza a pennello – a discapito di tutta quella cronometrica precisione, di quel modus vivendi all’insegna di un’analgesica tranquillità tipico dei luoghi al di là dei confini campani.

Perché Massimino già 30 anni fa ci aveva visto lungo: il napoletano non emigra mai veramente, al massimo viaggia. Viaggia, perché in fondo sa che, appena conoscerà qualcuno di sua stessa provenienza, inevitabilmente parlerà nella sua lingua d’appartenenza – che no, non è un dialetto, è proprio un’altra lingua; è ben consapevole del fatto che qualunque parmigiana, lasagna, pizza o pasta al forno potrà mangiare non avrà mai lo stesso sapore ineguagliabile del buon cibo gustato con il mare che si staglia di fronte; è ben conscio che se casualmente si imbatterà in una canzone che gli ricorda la sua terra, non potrà fare a meno di cantarla.

La “bella giornata” di oggi trascende il dato meramente calcistico, non si inerpica a numeri o calcoli matematici, no. La “grande occasione” si è manifestata nel migliore e più inaspettato dei modi possibili, un po’ per restituire l’antica bellezza di cui si ha sempre disperatamente bisogno, un po’ perché si doveva obbedire al suo profeta: scusate il ritardo durato 33 anni, ma na sera e maggio abbiamo ricominciato da 3.

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