Diego Cibelli: estemporanee a Napoli che dialogano con il passato

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Al via le mostre di Diego Cibelli nella città di Napoli; l’artista ha da poco inaugurato tre personali: L’arte del danzare insieme (13 maggio – 19 settembre 2021) al Museo e Real Bosco di Capodimonte, curata da Angela Tecce e Sylvain Bellenger, all’interno del più ampio progetto “Incontri sensibili”, Gates all’Istituto ad indirizzo raro ‘Caselli’ (13 maggio – 30 giugno 2021) e infine Feed me with domestic presso Made in Cloister (maggio – settembre 2021).

Nella conferenza stampa atta ad illustrare le tre esposizioni, avvenuta venerdì 13 maggio, accompagnata da una visita alle suddette mostre in presenza dell’artista stesso, il direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte, Sylvain Bellenger, commenta:

«Diego Cibelli si è concentrato sui dettagli della porcellana e della stampa e, con una grande cultura e una grande sensibilità, ne ha aperto un mondo; un po’ come fanno i bambini che partono appunto da un dettaglio e immaginano un mondo intero attraverso di esso».

Il focus “Incontri sensibili” è un progetto che mira a far dialogare artisti contemporanei con la collezione storica del Museo; l’esposizione di Diego Cibelli è nata dalla collaborazione istituzionale con la fondazione Donnaregina per le arti contemporanee-Museo Madre, inserita fra le iniziative nazionali di “Buongiorno Ceramica” organizzate dall’ AICC-Associazione Italiana Città della Ceramica, con la partecipazione del Comune di Napoli. Nel caso de L’arte del danzare insieme la sala è stata allestita magistralmente, dando massimo risalto alle due collezioni di vasi esposte dall’artista.

La prima si ispira alle stampe Firmian, delle quali incisioni alcune sono state stampate da Diego Cibelli su delle lastre di rame. La stampa è avvenuta utilizzando un sapiente e raffinato gioco di chiaroscuri, dando così l’impressione di essere effettivamente incise sulle lastre. Le tavole sono inserite all’interno dei vasi scolpiti dall’artista, ognuna in un punto diverso del singolo contenitore, dando il massimo risalto a entrambi gli elementi. L’opera non risulta disgregata ma coesa, compatta e perfettamente sposata con le linee graffiate sul vaso, atte a riprodurre il codice geometrico della singola incisione. Il tutto si inserisce perfettamente all’interno della stanza, avvolta in una carta da parati creata dall’artista tramite un’affascinante sovrapposizione di varie incisioni. Un tratteggio preciso e travolgente che, con la calma espressività così evidente anche nella persona stessa di Diego Cibelli, crea un connubio perfetto fra antico e contemporaneo, grazie anche alle opere antiche (appartenenti alla collezione del Museo e Real Bosco di Capodimonte) scelte e posizionate con grande grazia, a richiamare le opere nuove dell’artista.

La seconda è invece la serie Mascagni, dall’autore del volume Anatomiae Universae del 1823, formato da 44 tavole anatomiche a colori ed esposto in sala grazie alla concessione del MUSA – Museo Anatomico dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”. In questo caso I vasi si allungano nello spazio con dei bracci che ricordano molto da vicino i vasi sanguigni. È spettacolare la delicatezza tramite la quale queste opere riporducono la complessità ordinata del corpo umano.

Diego Cibelli, laureato prima a Berlino alla Weussensee Kunstochschule Berlin con una tesi in geografia umanistica e successivamente alla Facoltà di Architettura di Aversa, ha affermato:

«Tre concetti chiave guidano il mio lavoro: incontro, relazione e dialogo. Vorrei esplorare il modo in cui le persone possono creare una connessione con il paesaggio che le circonda e come questa connessione ispiri il flusso della Storia. Mi interessa dare agli oggetti un valore antropologico e capire la relazione che creano con la Storia».

Il rapporto con ciò che lo circonda è evidente il tutta l’esposizione ed egli riesce a creare un mondo meraviglioso in una sola stanza, un ambiente in cui passato e presente si sposano portando l’animo a guardare a una speranza per il futuro.

Su Gates, “passaggi”, l’esposizione presente all’ Istituto ad indirizzo raro ‘Caselli’, il direttore Valter Luca De Bartolomeis afferma:

«Noi passiamo attraverso il passato, ci proiettiamo attraverso i segni del nostro territorio, verso quello che sarà il nostro futuro e Diego rappresenta tutto questo».

L’estemporanea parte dal patrimonio borbonico e, tramite alcuni stampi in gesso, crea dei blocchi di pietra con diverse terre non cotte (ceramica, terra rossa) allestite strategicamente e simbolicamente nella sala degli antichi forni. Questi blocchi presentano incisioni e contaminazioni con materiali di varia natura e sono sistemate creando un percorso molto particolare. All’ingresso della sala, si cammina fra le pietre sparse camminando su pavimento di carta da imballaggio e cartone, che scoppietta così ad ogni passo, rendendo evidente il focus della mostra: l’attraversamento, il viaggio. Vi è poi una zona strutturata come un cantiere, con una gabbietta dal pavimento silenzioso nel quale sono riunite più opere insieme. L’impressione generale è estremamente intensa, dando l’impressione di camminare attraverso la storia mentre si osservano blocchi di pietra come fotografie di uno spaccato storico quanto socio-culturale. La presenza aurale delle opere è molto netta e crea un ulteriore collegamento fra presente e passato nell’ottica di un unico continuum. Afferma l’artista:

«La cosa che mi interessa maggiormente è far capire come queste stampe in qualche modo fossero degli oggetti che fungevano da ambasciata; queste cose venivano spedite ad altre corti, quindi è come se l’oggetto diventasse nello stesso istante un processo politico, con la grande possibilità di far capire politicamente la Posizione di Napoli In quel preciso istante storico»

Un allestimento che dunque ha un preciso collegamento con l’attualità, visibile anche attraverso il posizionamento, su alcuni blocchi, di stelle dorate in riferimento all’Euro. L’inorganico di un elemento legato all’economia prende vita dalla Storia e si accompagna ad altre pietre nelle quali sono invece presenti elementi organici come i semi. Il riferimento non è solo alla potenzialità del seme, dal momento che, leggermente isolati rispetto agli altri, vi sono blocchi nel quale son state fatte crescere delle piantine, in un ulteriore riferimento alla vita e speranza futura.

Entrambe le mostre, dunque, sono la piena manifestazione, anche se in modo molto diverso, dell’affermazione dell’artista:

«Io credo che una delle cose più interessanti per cui varrebbe veramente la pena vivere è cercare la bellezza nelle cose, perché la bellezza è quella voce che in qualche modo ci racconta chi siamo e dove andiamo».

Ph. di Fabio Strazzullo

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