Toto Cutugno: il cantautore che (ri)suona la semplicità

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La notizia di un mese fa, della dipartita di Toto Cutugno, è stata inaspettata. Il giorno del 22 agosto di quest’anno, ci ha lasciato uno dei più rappresentativi cantautori del panorama italiano, nonché divulgatore della musica italiana nel mondo. La sua “L’italiano” rappresenta tutta l’essenza dell’italianità, sul piano non solo culturale, ma anche riguardo la pulizia comunicativa che la caratterizza.

Il cordoglio degli italiani di quel giorno è stato affettuosamente sentito. Difatti, sono stati vari i messaggi dedicati a “l’italiano vero” – come recita la sua stessa canzone – che hanno riempito i social e i giornali.

Eppure, Cutugno non è mai stato considerato dalla critica, e forse neanche dal grande pubblico, come una delle voci più ragguardevoli del panorama italiano, un po’ dettato dal carattere del cantante, considerato schivo, oscuro e, forse, scorbutico [1].

Ciò nonostante, è innegabile che ci si riferisca ad uno dei cantanti più influenti del secondo novecento italiano. In particolare, è riconosciuto come il cantante che ha collezionato più secondi posti al festival di Sanremo (oltre a detenere il record di partecipazioni). Tra le canzoni presentate, ad essere giunte al secondo posto conferendogli tale titolo, si ricordano: “Serenata”, 1984; “Figli”, 1987; “Emozioni”, 1988; “Le mamme”, 1989; “Gli amori”, 1990; “Come noi nessuno al mondo” ft. Annalisa Minetti, 2005.

Si pensi che “L’italiano” fece solo il quinto posto nel 1983. La fama dell’eterno secondo spesso precedeva la sensibilità dei brani, oscurando anche un po’ la sua vittoria del 1980, inaugurante del nuovo decennio sanremese, con “Solo noi” (nonché prima partecipazione solista dopo il 1976 e 1977, anni in cui partecipò col suo complesso musicale, gli Albatros).

Le vittorie sono state soffiate da grandi interpreti, le cui esibizioni sono entrate nella storia della musica, si pensi solo a Morandi-Tozzi-Ruggeri nell’87 o a Massimo Ranieri nell’88. Tuttavia, tra tali piazzamenti, fondamentale è stato il 1990, anno in cui trionfarono i Pooh con la canzone “Uomini soli”: di diritto, il vincitore della kermesse avrebbe dovuto partecipare all’Eurovision Song Contest, in qualità di rappresentante dell’Italia; i Pooh, in quello stesso anno, a causa di una tournée già preparata, declinarono l’iniziativa, e fecero slittare la possibilità al secondo classificato.

Cutugno decise di parteciparvi non con la sua “Gli amori”, presentata quell’anno, bensì con “Insieme: 1992”, con cui riuscì non solo a trionfare, ma anche a far collezionare la seconda vittoria per l’Italia alla manifestazione, dopo quella di Gigliola Cinquetti del 1964.

Il brano inneggia all’unità europea, in un periodo complesso. Difatti, fu presentata a Zagabria, in Croazia (ex Jugoslavia), negli anni che avrebbero condotto nel ‘92 alle guerre jugoslave: un testo quasi premonitore, speranzoso e fiducioso di quella stessa unitarietà che vuole suggerire il titolo:

“Sempre più liberi noi/ Non è più un sogno e non sei più da solo /Sempre più in alto noi/ Dammi una mano che prendiamo il volo/ L’Europa non è lontana/ C’è una canzone italiana, per voi/ Insieme, unite, unite, Europe.”

                                    Canzone vincitrice dell’Eurovision Song Contest, “Insieme: 1992”, 1990.

Le canzoni di Toto, inoltre, sono da considerarsi perle, soprattutto per la semplicità che le riveste: con semplicità non si intende banalità o semplicismo, bensì la qualità dei testi di riuscire a universalizzare con sensibilità le sensazioni, le storie e le realtà di chiunque. Questo si nota già dai titoli dei suoi successi, già citati precedentemente: mamme, figli, amori, emozioni… sono dimensioni che accomunano tutti, e che trasudano la stessa umanità che le compone.

Ne prendiamo in esame alcune:

“Mentre gli anni se ne vanno via/ Se pensi a quando ti tenevano per mano/ Sembra ieri che malinconia/ Le mamme sognano/ Le mamme invecchiano/ Le mamme si amano/ Ma ti amano di più/ Le mamme sognano”.

                                    Canzone seconda classificata al festival di Sanremo 1989, “Le mamme”.

Un linguaggio semplice, immediato, per tutti. Enuclea, con grande sentimento e trasporto, con un’atmosfera chansonnier quasi francese, la tenerezza del rapporto primordialmente indissolubile di un figlio con la propria mamma. Centrale è la consapevolezza, maturata e coscienziosa, del passare del tempo e del passato che rifiorisce malinconicamente, che conferma il vigore del legame stesso. La certezza che “le mamme sognano” e che il loro amore sia sempre maggiore, sempre un passo avanti, è il nucleo portante di un brano che riesuma la puerilità della giovinezza, e dei ricordi più dolci che l’avvolgono.

Discorso analogo, per intenzionalità e motivazione, anche con la sua “Figli”:

“E intanto volano gli anni/ Fra i sogni e gli affanni/ E ti risvegli già a trentanni/ E un figlio nascerà nascerà/ Di colpo la tua vita cambierà/ L’aiuterai nel suo confuso cammino/ Ma non potrai cambiare il suo destino”

                                           Canzone seconda classificata al festival di Sanremo 1987, “Figli”.

Scritta pensando al proprio figlio, Nico, Cutugno approfittava di ogni momento televisivo, in cui era chiamato ad interpretarla, per dedicarla a tutti i figli, per lui il regalo più bello che possa dare la vita.

Come nella precedente canzone, anche qui è presente la percezione del passare del tempo, ma anziché andare nella direzione del passato, procede in senso opposto, verso un “futuro migliore”. Si sentono fortemente la voglia, la paura e la responsabilità di divenire guida di un proprio pezzo di cuore, guida del proprio figlio, pur sapendo di non poterne condizionare il destino, dovendosi affidare a Dio per “un po’ di gloria”.

Anche qui si estende la consapevolezza, sommessamente accettata come nella precedente canzone, del procedere della vita, degli anni che volano, e della ripidità del cammino verso il futuro, fiduciosamente atteso.

I figli e le mamme sono il perno dell’affettività dell’uomo. Testimoniano, queste due canzoni, quella vicinanza alla semplicità a cui si faceva cenno poc’anzi. Cutugno, con questi titoli generalissimi, comprende le dimensioni interiori umane in cui tutti possono rispecchiarsi, immedesimandosi nella voce del cantautore.

Ma forse, proprio lui si considerava un uomo semplice, come si evince anche da una delle ultime canzoni presentate a Sanremo:

 “Voglio ritornare alla campagna, ah ah/ Voglio zappar la terra e fare la legna, ah ah/ Ma vivo qui città/ che fredda ‘sta tribù/ Non si può più comunicare/ Qui non si può più respirare/ il cielo non è più blu/ E io non mi diverto più”

-Canzone diciassettesima classificata al festival di Sanremo 1995, “Voglio andare a vivere in campagna”.

La critica serrata alle nevrosi, alle solitudini e alle confusioni che assalgono la società, è ciò su cui fa leva il brano. Il luogo avulso da questa realtà, nel quale ritrovare una liberazione dalla frenesia sociale, è la campagna, in cui si riscopre la preziosità del “fare la legna”, del “zappare la terra” e della “gente che respira amore”. Insomma, la preziosità delle piccole cose, delle cose semplici, obliterate dalla solitudine sociale (apparentemente ossimorica) della compulsione cittadina, che reprime la comunicabilità asfissiandola.

La vicinanza alle piccole cose affianca Toto Cutugno ad una mirata liricità, quella appartenente alla poetessa polacca Wislawa Szymborska e alla poesia di Giovanni Pascoli, seppur distinti da modalità liriche differenti.

Ed è con questa ricerca che si vuole ricordare Toto, che ha tentato di elevare la semplicità ad una rivalutazione della realtà, emersa dall’analisi delle sue canzoni, espressa con una immagine che sentiva propria, ravvisabile anche in celebri passi biblici che ne nobilitano il valore: “Voglio ancora fare il pane, il massimo della vita” [2].


[1] Ha sbrigliato precisamente quest’osservazione Red Ronnie sul suo canale YouTube: https://youtu.be/7Q4IZ_Q3dlE?si=ojy_rY5OF7PqgsWN https://youtu.be/vh_3BIHwrig?si=eA7arsQ5s7mbrK8A https://youtu.be/dVJDUu9eEnI?si=SrfMvQxh1HNRqL95

[2] Citazione ripresa dal programma “Ora o mai più”, dalla canzone “Era digitale” di Silvia Salemi, sentitamente avvertita da Toto Cutugno, giudice dello stesso programma: https://youtu.be/JJNHvrdlE5A?si=E9H1mj6hjIu3cq3b

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