Considerazioni semiserie per un Presidente che lavora “duro”

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Negli scorsi giorni ha fatto un po’ sorridere l’autocandidatura sui social network del porno-attore Rocco Siffredi, che si è autodefinito un uomo che lavora duro da trent’anni. Questo articolo, senza voler sminuire le presidenziali ambizioni del Rocco che ha fatto conoscere l’Italia nei più sconosciuti anfratti del mondo (non solo femminile), vuole essere un’analisi semiseria sulla possibilità che Siffredi diventi il Presidente della Repubblica. Per farlo, si deve partire dal dato costituzionale che ci dice, per i requisiti elettivi:

Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d’età e goda dei diritti civili e politici.

Articolo 84 della Costituzione. Comma I

Se analizziamo la candidatura di Rocco Siffredi, si vede che, davanti ad un elenco tanto scarno di requisiti, non ci sono concetti come l’onorabilità (ammesso che un attore di film hard sia un “non onorevole”) o di autorevolezza. Essendo l’Italia una repubblica, l’accesso alla più alta carica dello Stato è, teoricamente, aperta a tutti. E non è ardito pensare che, in Italia, di candidati adatti a ricoprire questa carica ce ne siano migliaia, anzi no, milioni che soddisfano gli stringati requisiti sopracitati, come lo stesso Siffredi che di anni ne ha 57, non si trova in stato di detenzione coattiva ed è un membro produttivo della società.

Del resto, possiamo anche considerare con un certo sorriso la proposta di Rocco Siffredi, eppure tra le alternative che si sono susseguite quanti sarebbero migliori di Siffredi? Ed è inaccettabile sentire che lui, cittadino italiano che gode dei diritti civili e politici, sarebbe indegno per via della professione che svolge quando sono stati proposti nomi quali Amato, ben noto per una mal digerita riforma delle pensioni, Silvio Berlusconi, che, secondo voci di corridoio, era pronto a spaccare Stato, schieramento politico e famiglia per raggiungere il Quirinale (senza citare i motivi per sarebbe più presentabile al mondo Rocco Siffredi che l’ex Cavaliere del Lavoro) oppure la Casellati, che ha votato sulla Rubi nipote di Mubarak.

E, pur se in contrasto (purtroppo) con una proposta femminile alla più alta carica dello Stato, davvero servirebbe una persona che viene da una categoria bistrattata, ma, in un mondo tanto attento alle apparenze, potremmo dire che ci troviamo di fronte alla situazione di “vizi privati, pubbliche virtù”; se, poi, delle seconde se ne vedono poche per le proposte finora più gettonate per il Quirinale, allora ci rendiamo conto di quanto sia evidente la miopia dei parlamentari che stanno votando in questi giorni.

Davvero sarebbe tanto male avere Rocco Siffredi come Presidente della Repubblica? Di fronte agli indicibili nomi che si rincorrono in questo momento?

Dovrebbe, quindi, farci tanto scandalo la proposta di avere come Presidente della Repubblica un attore di film porno? Davvero dovremmo sempre inchinarci davanti alle tanto incensate “figure istituzionali” ed accettare che debba prevalere il solito pensiero retroconservatore, dal sapore vagamente liberista che ha l’odore dell’acquasantiera democristiana? Cosa avrebbe, dunque, di “indegno” Rocco Siffredi rispetto ad una classe politica che riesce a mettere al centro della partita politica la coppia dei due Matteo?

Per questo la proposta stessa di Rocco Siffredi sarebbe, senza timore di smentita, una candidatura estremamente progressista in un Paese dove la Chiesa riesce ancora ad avere diritto di mettere becco in quello che dovrebbe essere uno stato laico inviando pure note diplomatiche ai Presidenti delle due Camere. In fondo, non dobbiamo temere l’onda del cambiamento e se deve arrivare dalla proposta di Siffredi come Presidente della Repubblica, allora ben venga, meglio lui che qualche uomo di età superiore ai settant’anni che passa per il Quirinale giusto per ritirare la pensione e che, al primo segnale di pericolo, avvia una questione costituzionale sul concetto dei “governi del Presidente” facendo e disfacendo maggioranze politiche e premier designati o che insegue un sogno scritto in un qualche tema in età scolare.

Per questo Rocco è la candidatura perfetta: è conosciuto in tutto il mondo (ma qualche maligno contesterebbe il come, se non il cosa di lui, è conosciuto), gode dei diritti civili e politici, è progressista e liberale e la sua elezione potrebbe essere persino il segnale di progresso atteso dai quanti sono definiti “poveri estremisti” da certi ambienti, ma, nondimeno, questa può essere la provocazione giusta: sotto il punto di vista formale Siffredi può essere davvero il Presidente della Repubblica e la sua elezione sarebbe un vero elemento di rottura in un Paese dove la massima sempre ripetuta e che “bisogna cambiare tutto affinché nulla cambi”.

Per questo Rocco Siffredi è una proposta possibile alla Presidenza della Repubblica, per questo l’Italia potrebbe (o non potrebbe) avere bisogno di un Presidente che “lavori duro” al Quirinale, una rottura da quella sequela di riti e di incensi che contraddistinguono la politica nostrana.

Per questo non è una bestemmia affermare “Rocco for President”, ma, paradossalmente (ma non troppo), potrebbe essere un segnale di vero cambiamento.

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