Taiwan: il terreno di scontro del nuovo fronte orientale

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Dopo la visita di Nancy Pelosi, speaker della Camera dei Rappresentanti USA, a Taiwan, si sono riaccesi gli storici attriti tra la Repubblica Popolare Cinese e la Repubblica di Cina, quest’ultima definita colloquialmente come Taiwan. Questo scontro dagli importantissimi risvolti geopolitici coinvolge, ormai, i due lati dello Stretto di Formosa da quasi 80 anni ed è uno scontro non solo ideologico, ma legittimistico.

Infatti, Taiwan è Cina, come lo è anche la Repubblica Popolare Cinese.  Ciò perché entrambi i paesi ritengono di essere il governo legittimo dell’intero popolo cinese e questa situazione di divisione è frutto dei risultati della Guerra Civile Cinese che fu vinta dal Partito Comunista di Mao nel 1949. Per questo lo scontro è, prima di tutto ideologico, ancora adesso tra queste due “Cine” c’è il divario ideologico determinato dall’originaria separazione tra il Kuomitang ed il Partito Comunista Cinese dopo la sconfitta dei signori della guerra.

Questo scontro, lo ripetiamo, è di natura legittimistica in quanto entrambi rivendicano di essere l’unico governo legittimo cinese. Inoltre, la Repubblica di Cina, fino al 1971, occupava il seggio nel Consiglio di Sicurezza, oggi tenuto dalla Repubblica Popolare. La scelta del cambio dei riconoscimenti diplomatici è avvenuto su iniziativa del Presidente Nixon il quale, resosi conto dell’ormai preponderante importanza della Cina continentale, preferì, in coerenza con il principio del riconoscimento di una sola Cina, avviare rapporti diplomatici con la Repubblica Popolare.

Repubblica Popolare Cinese
Repubblica di Cina (Taiwan)

Questa scelta non bloccò i rapporti diplomatici tra Taiwan ed USA, anzi andarono intensificandosi; del resto Taiwan, con il Giappone, è diventata sede di alcune delle prime delocalizzazioni fatte dalle industrie statunitensi che inviavano qui le proprie commesse, approfittando di minori costi di produzione, per i prodotti, specie tecnologici, da vendere sul mercato occidentale. Numerosissime sono, infatti, le aziende che progettano e producono svariati prodotti tecnologici con sede sull’isola, tra queste:  Acer, Asus, Micro-Star International (MSI) e BenQ.

E questo ci porta ad un altro punto fondamentale di Taiwan: i semiconduttori. Infatti, Taiwan è sede della TSMC1, il più grande produttore di chip e semiconduttori al mondo che, con le sue fonderie, controlla oltre il 50% del mercato mondiale e per quanto la stessa abbia svariate fabs in giro per tutta l’Asia, continua a concentrare gran parte della propria produzione sul suolo taiwanese. Come si è spesso sentito, infatti, il mondo intero si basa sulla produzione di chip e la TSMC ha come clienti alcuni dei principali marchi di elettronica mondiale, tra cui  Apple, Qualcomm, AMD e Nvidia che, non avendo proprie fabbriche2, delegano la produzione di molti componenti dei prodotti che progettano a questa grande fabbrica taiwanese.

Per cui Taiwan gioca un ruolo cruciale nell’economia mondiale in quanto già con la recente crisi del chip, non ancora del tutto superata, si sono potuti osservare gli effetti di una grave penuria dei componenti elettronici, diventati cruciali in molti settori anche per la transizione ecologica. Non a caso, nei libri di geografia del passato, quest’isola era definita una delle “tigri asiatiche” pur se, ormai, questo ruolo è stato adombrato dall’incredibile crescita produttiva e tecnologica della Repubblica Popolare Cinese.

Eppure, Taiwan e la Cina continentale, in questo ed in altri settori, vivono una forma d’instabile simbiosi, infatti, le due parti hanno numerosi scambi commerciali e la Cina continentale è tra i primi fornitori delle cosiddette terre rare3 che sono essenziali per la produzione dei semiconduttori che, anzi, è una fornitura fondamentale non solo per gli impianti produttivi taiwanesi, ma per il commercio mondiale di prodotti elettronici.

Proprio le tecnologie produttive che sono presenti a Taiwan fanno gola alla Repubblica Popolare Cinese, che nel settore dei semiconduttori ha una tecnologia vecchia di almeno vent’anni e solo negli anni recenti si sta affacciando a questo settore, come produttore autonomo, con prodotti che sono comparabili a quelli che erano presenti sul mercato molti anni fa. Inoltre, la Cina non ha accesso alle macchine per le litografie più raffinate, né al know-how necessario a creare l’intera catena di produzione dei chip basati su semiconduttori.

Questo porta la Repubblica Popolare Cinese ad un grande desiderio a modificare l’attuale assetto geopolitico nell’area per ragioni che, evidentemente, non sono più soltanto storiche o politiche, ma sono, ormai, diventate anche economiche. Infatti, la Cina continentale, nella sua corsa per raggiungere il livello degli Stati Uniti, necessita di un importante avanzamento tecnologico che, oltre ad essere finanziato in casa, può essere ricercato anche nelle fabbriche di Taiwan.

Eppure, Taiwan non è una piccola isola indifesa, in quanto la morfologia del territorio avvantaggia fortemente la sua difesa, visto che sul suo territorio ci sono poche aree adatte ad uno sbarco su larga scala. Inoltre, l’isola, nonostante la piccola popolazione, è dotata di sistemi d’arma avanzati, di un’ottima flotta e di un esercito ben equipaggiato, tutto questo rende l’isola una preda difficile da prendere, anche considerando le preponderanti forze armate della Repubblica Popolare Cinese che subirebbero gravi perdite in caso di sbarco. Già nel 1950, la Cina continentale tentò varie operazioni di sbarco4, senza alcun successo, su alcune isole minori.

La storia dello Stretto di Taiwan, poi, è costellata anche da numerose “crisi” tra i due contendenti: tra queste, la crisi del 1955 e quella del 1958 videro veri e propri scambi d’artiglieria tra le due coste. Il Partito Comunista Cinese, fino ad oggi, non ha mai rinunciato a rivendicare ufficialmente l’isola – ed è improbabile che ciò cambi – visto che Taiwan, oltre a rappresentare un grandissimo sbocco tecnologico ed economico, è anche la “guardia” posta davanti alle flotte cinesi che vedono limitata la propria operatività militare proprio dallo spazio marittimo occupato dalla Repubblica di Cina.

La situazione, dunque, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, è destinata a coinvolgere gli Stati Uniti anche su questo fronte  e questi ultimi, prima di questo periodo, non si erano mai trovati ad affrontare due potenze di tale livello su due aree del mondo così lontane. È chiaro che questi eventi metteranno a dura prova la tenuta della talassocrazia americana sugli oceani mondiali, ma è chiaro anche l’obiettivo di Russia e Cina di variare l’attuale assetto geopolitico che vede come assoluto dominatore gli USA, i quali, anzi, rischiano di trovarsi in forte affanno per via della grandezza dei fronti ormai aperti.

Washington, infatti, non può permettersi di sostenere due paesi alleati in due guerre aperte, ai lati opposti del globo, per un periodo troppo lungo. Non è impossibile ritenere che, alla fine, il Governo USA possa ritrovarsi a dover scegliere a quale dei due fronti vorrà concedere la priorità, abbandonando, presumibilmente l’altro. La logica impone di ritenere che gli Stati Uniti valuteranno come prioritario il mantenimento della rete alleata della NATO in Europa, considerando anche il Trattato Nord Atlantico. Eppure il peso produttivo di Taiwan non permette di ritenere facile questa scelta poiché senza l’isola le industrie americane non avrebbero alcuna possibilità immediata di produrre svariati manufatti tecnologici (visto che il Chips Act da 52 miliardi di dollari prevede investimenti di medio e lungo termine), e questo senza considerare il dominio assoluto della Cina nel commercio delle terre rare.

Attraverso lo stretto di Taiwan, dunque, si gioca il futuro non solo della presidenza Biden, ma anche quello della produzione mondiale di tecnologia ed il controllo delle rotte commerciali che portano questi prodotti in Occidente, una partita geopolitica che né la Repubblica Popolare Cinese, né gli Stati Uniti vogliono perdere.


Riferimenti

  1. Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, Limited controlla il 53% del mercato dei semiconduttori. Insieme a lei c’è sono anche la United Microelectronics Corporation con il 7% del mercato, il che porta la percentuale del mercato detenuta da Taiwan a circa il 60% della produzione globale. – FONTE
  2. Il termine inglese fabless (applicabile alle industrie citate) indica la progettazione e vendita di dispositivi hardware mentre l’effettiva fabbricazione viene esternalizzata ad una fonderia di semiconduttori. Infatti, tra i principali ricavi della TSMC ci sono proprio le commesse da colossi dell’industria informatica che, in proprio, non producono realmente il prodotto, ma lo progettano.
  3. Le terre rare sono, secondo la definizione della IUPAC, un gruppo di 17 elementi chimici della tavola periodica. La produzione di questi elementi è, dal 1985, controllata al 95% dalla Repubblica Popolare Cinese che ha avviato un’aggressiva politica di estrazione nel proprio territorio diventando il principale fornitore mondiale di materia prima per i semiconduttori – Dati dal rapporto dell’Istituto Geologico degli Stati Uniti del 2006.
  4. Attacco cinese all’isola di Hainan ed alle isole Wanshan nell’anno 1950 – MacFarquhar, Roderick. Fairbank, John K. Twitchett, Denis C. [1991] (1991). The Cambridge History of China. Cambridge University Press.
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