Il paradigma del tempo in Francesco Gabbani: la tendenza all’hic et nunc

Tempo di lettura: 4 minuti

“C’è un posto che tengo nascosto per te/ Un posto che sta qui da sempre/ C’era già prima di me e c’è ancora/ Si apre per noi eternamente ora”

Dall’omonimo album “Eternamente ora”, 2016.

La penna del cantautore Francesco Gabbani si è distinta, in questi ultimi anni, come una delle più interessanti del panorama musicale attuale. Essa vanta, in buona parte dei suoi pezzi, la collaborazione con autori e compositori con cui ha intrapreso dei solidi sodalizi, tra cui l’autore Fabio Ilacqua, (compositore, tra gli altri, per Massimo Ranieri e Marco Mengoni) ed il cantautore Pacifico (che ha collaborato con illustri cantanti come Gianna Nannini e Ornella Vanoni). Le tematiche messe in piedi nelle sue composizioni non sono scontate, seppur affiancate ad una melodia ed un’orecchiabilità che spesso celano, ai più, il significato testuale.

Tra le questioni più trattate, oltre il ricorrente rapporto con l’internet, spicca quella del tempo: tematica cavillosa, oltre che nevralgica nella storia del pensiero filosofico. Di certo non si vuole ritenere le canzoni sede dell’approfondimento speculativo di tale problema, bensì luogo della percezione lirica dell’olistico ed onnicomprensivo presentimento della “perdita del tempo” da parte del cantautore.

Il passato non dimentica/ Il futuro fa ginnastica/ Si prepara tutti i giorni per te […] È solo una follia/ Un salto nel vento/ Un’ora nello spazio/ Un punto nel tempo/ È un giorno che va via/ Un appuntamento/ Un battito perpetuo/ Che dura un momento”.

Dall’album “Volevamo solo essere felici”, “Spazio tempo”, 2022.

La colonna sonora della fiction “Un professore” [1] racchiude una sottile complessità, semplificata per fini comunicativi. Difatti, la dicitura “il passato non dimentica ecc.” è ravvisabile nelle teoresi di illustri filosofi, i quali hanno dato corpo ad un problema globale. Tra questi, Sant’Agostino ha formalizzato il tempo come “distensione” dell’anima tra il passato (che non è più) e il futuro (che non è ancora). Ciò che possiede una minima, seppur precaria, consistenza sembra essere il presente, rinchiuso nella sua stessa fuggevolezza, tendente al passaggio immediato nel passato e alla sua sostituzione da parte del futuro.

La canzone vira quindi sull’essenza stessa della vita, una follia, nonché un’ora nello spazio e un punto nel tempo: l’asse cartesiano muove proprio le due coordinate aprioristiche (per dirlo con Kant), la contrazione dello spazio e la distensione del tempo, in quanto sfondo dell’esistenza stessa.

Sembrano essere lo specchio metaforico di tale cornice un appuntamento, i giorni che vanno via, il battito perpetuo (magari del cuore), i quali simboleggiano quell’intensività che si rischiara essere il fulcro della vita. Si punta fortemente alla filosofia del “carpe diem” oraziano, del “cogli l’attimo” in questo infrenabile procedere, che conserva la perpetua preziosità della semplicità delle piccole cose.

Gabbani nel 2016, anno della partecipazione alle “nuove proposte” del festival di Sanremo, pubblica un album il cui titolo risultava già essere indicativo: “Eternamente ora”.

La distensione temporale del presente, della caducità dell’ora che rischiara la profondità di un istante, è l’emblema dello stesso paradigma temporale sopra rintracciato. La dimensione intima e affettiva dell’ora si disvela dal sonno che sembrava quasi in attesa di essere (ri)scovato.

Quanto dipanato è espresso mirabilmente anche in “Puntino intergalattico”:

“E siamo liberi sospesi in questo attimo/ Come un puntino in un sistema intergalattico/ Che di preciso dove vivrà non lo sa/ Ma di sicuro c’era, c’è e ci sarà”

Dall’album “Volevamo solo essere felici”, “Puntino intergalattico”, 2022.

Questo brano, in apparente chiave cosmologica, prosegue il discorso del “carpe diem” individuato nelle precedenti canzoni. La libera sospensione nell’attimo è in paragone con la posizione di un puntino intergalattico, un qualcosa che è presente in un dato sistema spazio-tempo universale. Quasi una catena causa-effetto indissolubile nel suo ritornare eternamente, in quanto posta in un tempo senza tempo.

L’attenzione all’hic et nunc, da cogliere in quanto momento opportuno (kairos), è testimoniata, inoltre, dalla vicinanza intellettuale del cantautore all’accorgersi dello scorrere (Panta rei) del tempo e del divenire che cambia le cose, che ha affrontato anche in campo ambientale. Non per niente, Gabbani è stato conduttore del programma televisivo “Ci vuole un fiore”[2], un varietà “green” che, riprendendo la celebre canzone di Sergio Endrigo, ha tentato la sensibilizzazione degli spettatori a temi attualissimi e delicati. In particolare, il tema del tempo è stato declinato in ambito del risparmio delle occasioni propizie, che possano essere colte per virare le catastrofiche conseguenze del riscaldamento globale ad una comune collaborazione sociale, affinché si allenti il suo processo diroccante.

Sono state tre le citazioni con cui è stato presentato tale impiego. Sono riportate qui di seguito [3]:

“Solo chi aspetta il futuro non sa vivere il presente”

Lucio Anneo Seneca

“Ciò che decidiamo di fare oggi è ciò che conta davvero”

Buddha

“Ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi è un dono, per questo si chiama presente”

-Da una scena del film Dreamworks “Kung Fu Panda

La commistione di ironia e serietà, qui proposta, insiste sulla fatalità del presente esposta in due differenti chiavi: volendo riprendere la terminologia bergsoniana, si può affermare che Gabbani si muove tra il tempo spazializzato (il cogliere l’attimo per il cambiamento tematico sopra riportato) e quello interiore, della soggettività, testimoniato non solo dalla dilatazione temporale di “Eternamente ora”, ma anche da un atteggiamento che considera la vita nella sua preziosa leggerezza:

“Ma a quest’ora l’avrai capito/ Che non c’era un tempo perfetto/ Ora che il tempo ci ha un po’ sbiadito/ Come foto dentro un cassetto/ Ma stanotte è così leggera/ Un vecchio film in prima visione/ Una bugia che sembra vera/ Potrei giurarlo sul mio nome”

Dall’omonimo album “Volevamo solo essere felici”, 2022.

Si noti come l’indagine di questi brani porti alla conclusione che il tempo, assimilabile alle trite immagini del flusso, del viaggio e del soffio, sia il nucleo di quel Dono, che è la vita, considerata nel suo manifestarsi in quanto Presente (nella duplice etimologia del termine). Le considerazioni sopra riportate, del carpe diem, della riflessione sulla essenza (metafisica) del tempo, dell’identità interiore dello stesso e del suo giusto impiego (propizio), lasciano quasi trapelare la fragilità del tentativo di coglierne un senso.

Forse la conclusione più convincente a cui Gabbani vuole alludere, è proprio quella di lasciare ogni tentativo di comprensione della vita, e di fare ciò che di più naturale e “folle” ci possa essere: vivere ogni istante fino all’ultima emozione [4].


[1] Serie televisiva trasmessa su Rai 1 dall’11 novembre 2021, diretta da Alessandro D’Aalatri, prodotta da Rai fiction.

[2] Varietà andato in onda l’8 aprile 2022, il 14 aprile 2023 e il 21 aprile dello stesso anno su Rai 1.

[3] Video disponibile al link: https://youtu.be/gQORUK1WyhQ

[4] Dalla canzone di Pacifico, Bungaro e Ornella Vanoni, “Imparare ad amarsi”, presentata al festival di Sanremo 2018.


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