Cosa c’è veramente dietro gli omicidi della zona del Guapinol in Honduras

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Dopo l’ultimo omicidio di uno dei difensori dell’ambiente, l’Honduras non può che fare nuovamente i conti con i gruppi criminali e gli interessi privati dell’agricoltura locale. La zona del Bajo Agùan ha registrato, solo nel 2023, almeno 8 omicidi dall’inizio dell’anno, e vede a rischio ogni giorno chiunque provi ad ostacolare gli interessi privati di queste terre. Le minacce sono all’ordine del giorno, confessano gli ambientalisti, e polizia e governo non prendono una giusta posizione contro chi fa abuso di potere. Nonostante i continui interventi da parte di associazioni umanitarie e di enti internazionali, che hanno segnalato al governo più volte un grave problema sia a livello ambientale che della popolazione nativa, lo Stato non mette in atto nessuna forma di tutela per i difensori della terra. Le Istituzioni non solo non tutelano il popolo, favorendo l’agroindustria, ma anzi, spesso non applicano neanche la giusta giustizia.

Le concessioni minerarie ed idroelettriche equivalgono al 70% del paese, e tra queste 82 sono in territorio indigeno, territori tutelati dalla Convenzione 169 (ILO). Nel parco nazionale del Guapinol, si documenta la presenza di Inversiones Los Pinares e Ecotek, entrambe parti del Gruppo EMCO, conosciuta per essere il primo impianto in America Latina per l’estrazione e pallettizzazione di ossido di ferro, stimando un fatturato di circa 70 milioni di dollari solo nella zona honduregna. Fino al 2013, la zona, in cui è fondata la miniera di Los Pinares, era il nucleo centrale del Parco Nazionale Montaña de Botaderos Carlos Escaleras Mejía. Il parco ospita le foci di 34 fiumi che oltre ad essere considerate sacre dagli indigeni che vi abitano, bagnano tutta la regione. Nel 2012 il governo ordinò la preservazione di un ecosistema che si estendeva su 96.724,40 ettari, con l’obiettivo di proteggere i popoli e le sue risorse ambientali, ma successivamente nel 2013 Emco Mining, l’attuale azienda (Inversion Los Pinares) richiede due concessioni nell’area per l’esportazione mineraria, e con un decreto legislativo lo Stato concede di rimuovere dall’area protetta circa 217 ettari, dando all’impresa la possibilità di iniziare subito l’estrazione dell’ossido di ferro nella zona. Nonostante l’ossido non sia classificato come un metallo in Honduras, l’estrazione mineraria causò da subito inquinamento e gravi problemi ambientali. Nel 2014 l’ICF (Forest Conservation Institute) riconfermò il grave danno alla flora e alla fauna che l’impresa mineraria stava causando alla zona, ma nonostante la sua posizione al riguardo, la concessione fu approvata ugualmente. Gli abitanti del Guapinol, in risposta alla situazione, sono scesi in piazza protestando per la riduzione degli ettari del parco e per l’inquinamento dei fiumi. Nonostante la creazione di un Comitato municipale, la raccolta firme e le varie forme di protesa, la situazione è andata via via peggiorando. Nel 2018 le proteste sono diventate sempre più forti da parte degli abitanti della zona a seguito della prima costruzione di una strada all’interno del parco, causando, a chi combatteva per difendere i diritti della sua terra, i primi arresti e denunce. Usurpazione, detenzione illegale, associazione illecita, rapina aggravata e occupazione illegale del territorio, sono solo alcune delle accuse cui gli ambientalisti devono rispondere ancora oggi alla magistratura. Una magistratura lenta e poco invogliata a risolvere accuse ingiuste nei confronti di chi protesta per i propri diritti. Come il caso di Victor Vasquez, che dal 2018 è accusato ed arrestato per “lesioni personali” a seguito di azioni intraprese con Consiglio Indigeno Lenca Simpinula e a cui fa a capo come membro. Detenuto per 10 mesi in un carcere preventivo, fu denunciato da un accusatore privato al Pubblico Ministero a seguito delle proteste. Nel 2022 il caso del Guapinol è stato reso pubblico dalle denunce di Amnesty International dopo che, il 9 febbraio 2022, a seguito della sentenza del tribunale di Turillo, ha giudicato colpevoli sei degli otto difensori dell’ambiente: José Daniel Márquez, Kelvin Alejandro Romero, José Abelino Cedillo, Porfirio Sorto Cedillo, Ewer Alexander Cedillo, Orbin Nahún Hernández accusati di aver causato danno alla società Inversiones Los Pinares (ILP). Erika Guevara Rosas, direttrice di Amnesty International in America Latina, a seguito dell’incarcerazione, ha inviato una lettera al procuratore generale dell’Honduras subito dopo l’inizio del loro processo nel dicembre 2021, esprimendo preoccupazione per le gravi irregolarità nel processo di arresto degli otto, e che la loro prevenzione detentiva sia un grave crimine contro i diritti umani in quanto non sussistano prove sufficienti delle accuse penali. La direttrice ritiene che gli otto prigionieri di coscienza siano stati arrestati solo per le loro attività in difesa dell’ambiente e al riguardo si manifesta esplicitamente:” Le autorità honduregne devono smettere di utilizzare il sistema giudiziario per criminalizzare, intimidire e vessare i difensori dei diritti umani”.

Nonostante le prese di posizione, insieme al numero degli arresti, aumentano anche il numero degli omicidi e di morti sospetti di chi mette la propria faccia in prima linea per difendere l’ambiente.  Ci saranno altre denunce ed altri avvertimenti se lo Stato non trova una soluzione concreta nella Valle dell’Agùan e sulla giustizia di chi viene ucciso. Nonostante siano stati trovati i sicuri di chi è stato ucciso nel 2022, nessuno è ancora stato processato. Questa grave situazione fa rientrare l’Honduras non solo tra le zone rosse per tutti quelli che si oppongono al sistema, ma aiuta ad incrementare la casistica dei crimini registrati contro gli oppositori della terra che vede solo nel 2020, secondo i dati di Global Witness, più del 70% dei casi registrati in America Latina.

Nel febbraio 2023 si è concluso un anno dall’accordo stipulato tra il governo ed il Coordinamento delle organizzazioni popolari dell’Aguán (COPA) e la Piattaforma Agricola. L’accordo comprendeva accurate indagini sulle violazioni dei diritti umani e sui diritti di proprietà delle terre contese nella Valle dell’Aguán.

Mentre l’accordo continua a non dare risultati, si è richiesto l’intervento immediato della Commissione interamericana per i diritti umani. Ad aprile di quest’anno, dopo una visita nella zona di Agùan, la Commissione ha dichiarato un grave stato di emergenza. Con l’Osservatorio per la Giustizia dei difensori dell’ambiente e le organizzazioni firmatarie si è richiesto al governo un’immediata attenzione delle autorità sulla situazione, chiedendo allo Stato di assumersi le proprie responsabilità in materia di giustizia e nel rispetto della carta dei diritti umani. Nell’attesa dell’accertamento della veridicità dei fascicoli e dell’appropriazione territoriale illegittima oltre ai vari crimini commessi, si richiede allo stato honduregno di trovare una soluzione reale ai conflitti socio-ambientali che hanno causato l’origine del problema.

La situazione critica, che non riesce a vedere una fine positiva nel breve periodo e che spesso tende ad oscurare la verità, mette però in luce la forza ed il coraggio dei popoli che sono pronti a perdere la vita per i propri diritti. Con l’intervento delle forze internazionali, speriamo che la situazione prenda una svolta diversa e che aiuti le persone al di fuori del paese a prendere coscienza di certi avvenimenti che, anche se lontani, influiscono sul nostro pianeta e sul destino del nostro futuro.


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