Taser in dotazione alle forze dell’ordine italiane: un’analisi costi-benefici

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Il 14 marzo 2022, in 18 città italiane, è iniziata la distribuzione progressiva delle pistole taser, che andranno ad arricchire, per il momento, l’equipaggiamento di Polizia, Carabinieri e Guarda di Finanza italiani.

La pistola elettrica, già in uso presso circa 107 paesi, mira ad immobilizzare la persona colpita attraverso fili elettrici che trasmettono scariche ad alta tensione e bassa intensità di corrente. L’arma è categorizzata, a livello internazionale, come “non letale”. Tuttavia, in considerazione dell’accesso dibattito che da anni vede diverse organizzazioni e associazioni fautrici dell’abolizione dello strumento in dotazione alle forze dell’ordine, dovremmo forse domandarci: quest’arma è davvero innocua?

L’ONU e Amnesty International hanno classificato più volte il taser come strumento di tortura. Studi, indagini e testimonianze hanno più volte dimostrato, nel corso degli anni, che la pistola elettrica, nonostante la sua categorizzazione ufficiale, può comportare rischi molto elevati per chi viene colpito. L’agenzia di informazione Reuters ha portato avanti un’importante inchiesta sulle possibili conseguenze ed implicazioni dell’utilizzo dei taser da parte delle forze dell’ordine, concentrandosi, in particolare, sul territorio degli Stati Uniti. I dati raccolti riportano che nel periodo 2000-2017 oltre 1000 persone sono morte dopo aver ricevuto una o più scariche elettriche. 712 sono state le autopsie analizzate e in circa 153 il taser è stato riconosciuto come concausa o causa diretta del decesso. 

Molte delle vittime sono rappresentate dai soggetti più vulnerabili della società. Un quarto delle persone morte soffriva di un esaurimento nervoso o di un disturbo neurologico. In 9 casi su 10, il defunto era disarmato. Più di 100 degli incontri tra civili e forze armate che si sono conclusi con la morte di chi ha ricevuto la scarica elettrica, sono iniziati come una semplice richiesta di aiuto da parte dei civili ai servizi di emergenza sanitaria per questioni ed emergenze mediche.

Un riesame di oltre 400 epiloghi mortali – cioè quelli per cui i documenti del tribunale forniscono un resoconto relativamente dettagliato dell’accaduto – indica che i taser erano l’unica forma di forza presumibilmente utilizzata dalla polizia in circa uno su quattro dei casi. Il resto dei casi ha visto l’utilizzo sia di taser che di altre forme di forza.[1]

Nel frattempo,

nessuna agenzia governativa tiene traccia delle vittime negli incidenti di polizia in cui vengono utilizzati i taser. Le autopsie non sono pubbliche in alcuni Stati. I medici legali utilizzano standard diversi per valutare il ruolo di un taser nei decessi. Il linguaggio delle loro sentenze varia da dettagliato e rigoroso a molto vago[2].

Molti cittadini statunitensi hanno così avviato cause legali con i dipartimenti di polizia, che in più occasioni hanno risarcito le persone colpite dalla scarica elettrica del taser.

D’altro canto, la stessa ditta produttrice dei taser, la Axon, pur continuando a sottolineare l’innocenza dell’arma, ha dichiarato che esiste uno 0,25% di possibilità di decesso a seguito della scarica. 

Nel 2018 una ricerca condotta dall’università di Cambridge provò che la sola presenza delle pistole elettriche è in grado di aumentare notevolmente un’escalation di natura violenta portando ad un incremento dell’uso della forza da parte degli agenti di polizia del 48%, nonché a maggiori possibilità che gli agenti stessi siano aggrediti[3].

È proprio il timore di un’ipotetica aggressione agli agenti ad alimentare le posizioni più favorevoli alla fornitura e all’utilizzo delle armi elettriche. Tuttavia, per poter prendere in considerazione questa ipotesi e fare quindi un’analisi costi benefici effettiva sul nuovo equipaggiamento delle forze dell’ordine italiane, appare necessario interrogarsi non solo sui rischi associati all’impiego dell’arma ma anche su quali saranno le situazioni in cui il taser verrà utilizzato. A tal proposito l’associazione Antigone per i diritti e le garanzie nel sistema penale si è espressa molto chiaramente:

come l’esperienza statunitense e canadese insegna, la pistola taser non è utilizzata nella pratica di polizia come alternativa meno pericolosa rispetto all’arma da fuoco, bensì come alternativa più incisiva rispetto all’uso di altri mezzi coercitivi come manette o manganelli non elettrificati. Chiunque sia esperto in ordine pubblico o in operazioni di polizia investigativa potrebbe ben confermare come non si userà mica la pistola Taser di fronte a una persona armata che potrebbe sparare (o che ha una pistola in pugno) in occasione di una rapina, di un sequestro, di un’aggressione o per neutralizzare un terrorista che sta per far esplodere una bomba o che sta per uccidere persone a caso per strada. In questo caso la polizia userà armi da fuoco tradizionali. La pistola Taser sarà invece più probabilmente utilizzata per bloccare persone che fanno resistenza non armata, nelle manifestazioni di piazza, preventivamente contro chi si agita o chi protesta scompostamente. Dunque, come detto, è e sarà un’alternativa al manganello e non alla pistola.

Osservatorio Antigone – 28 Marzo 2018

Prendendo in considerazione quindi i dati sui rischi associati all’utilizzo del taser per chi riceve la scossa, i dati forniti dalla Cambridge University sul rischio maggiore anche per gli agenti di subire aggressioni se equipaggiati con un taser, e le informazioni sui contesti di impiego dell’arma, i nuovi equipaggiamenti italiani non paiono poi così adeguati allo scopo protettivo che vorrebbero avere.

D’altronde le forze dell’ordine italiane hanno sperimentato le nuove pistole elettriche in dotazione il giorno dopo averle ricevute. Il primo episodio noto si è verificato a Torino, dove diversi agenti si sono introdotti nell’edificio occupato dell’ex Gondrand, in Via Cigna, per sgomberarlo. L’intervento si è dimostrato particolarmente violento in considerazione dell’utilizzo dei taser, appena ricevuti, su diversi occupanti. Pochi giorni dopo, a Roma, nel quartiere di Tor Bella Monaca, alcuni agenti hanno nuovamente utilizzato il taser contro un uomo destinatario di un’ordinanza cautelare per motivi di droga che, all’ingresso dei poliziotti nel suo appartamento, aveva iniziato a tagliare sé stesso per protesta. L’uomo era solo con la sua compagna e il suo comportamento non si può dire certo che rappresentasse una minaccia per i diversi agenti sul luogo. 

Come previsto dall’organizzazione Antigone, quindi, non si è trattato di un utilizzo a scopo difensivo in situazione di assoluto pericolo, volto quindi ad evitare l’uso di armi da fuoco, bensì di un utilizzo che testimonia l’impiego del taser come “semplice strumento di applicazione della legge per ottenere la conformità”[4].

Dovremmo quindi chiederci, infine, quale sia l’appropriatezza di questa nuova arma fornita alle forze dell’ordine in considerazione non solo delle raccomandazioni profondamente contrarie di diverse organizzazioni ed associazioni internazionali, ma anche in virtù dei comprovati rischi associati al suo impiego, delle esperienze pregresse negli altri paesi e delle diverse situazioni di abuso di potere da parte delle forze dell’ordine che si sono verificate in questi ultimi anni sul territorio italiano.


[1] Reuters investigates, shock tactics – part 1, The Toll. https://www.reuters.com/investigates/special-report/usa-taser-911/

[2] ibidem

[3] University of Cambridge, Carrying Tasers increases police use of force, study finds, dicembre 2018

[4] Amnesty International, a failed experiment – the taser pilot of the dutch police, febbraio 2018

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