Giovanna d’Arco. Terza parte: l’eretica e l’icona

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Giovanna d’Arco. Prima parte: la pazza o la santa

Giovanna d’Arco. Seconda parte: l’eroina e la ribelle

Giovanna, l’eretica.

Dopo la cattura ed una lunga prigionia, il processo a Giovanna ebbe inizio il 3 gennaio 1431.

Il vescovo Pierre Cauchon, ottenuta la giurisdizione sul caso, iniziò la procedura “per stregoneria”, poi ridefinita in una “per eresia”1, conferì l’incarico di “procuratore” – una sorta di pubblica accusa – ad un suo fedelissimo. Il processo, ad ogni modo, iniziò in maniera piuttosto difficile: dapprima l’Inquisitore generale di Francia, Jean Graverent, si dichiarò non disponibile e il vicario dell’Inquisizione, Jean Lemaistre, rifiutò, in un primo momento, di parteciparvi. Inoltre i tre delegati che Cauchon aveva inviato per cercare prove dell’eresia non ne trovarono2.

Vi erano, dunque, dubbi sulla legittimità di questo processo per tutta una serie di irregolarità, nonostante il tentativo di imbastire una procedura che sembrasse legittima3. Infatti, nell’ambito dello scontro dinastico tra Enrico VI e Carlo VII, il riconoscimento, in un processo ecclesiastico, dell’eresia di Giovanna, avrebbe minato la sacralità e la legittimità del re di Francia, indebolendone la posizione anche di fronte alle gerarchie ecclesiastiche.

Durante il processo, Giovanna affrontò a testa alta una corte ostile sin dalla prima udienza, tenutasi il 21 febbraio 1431, senza che il suo spirito fosse stato fiaccato in alcun modo dalla dura prigionia. Dagli atti del processo, trascritti da segretari inglesi, emergono tanti fatti che dimostrano l’acuta intelligenza della donna: dai sottili riferimenti contro Cauchon, al fatto che Giovanna, pur non sapendo leggere e scrivere, spesso pretese la rilettura dei verbali e, in molte occasioni fece correggere varie sue dichiarazioni riportate in maniera errata4.

Negli stessi atti emerge anche una certa vena umoristica, riportata dagli scrivani, come la domanda fattale sulla una possibile rivelazione divina di una fuga dalla prigione di Rouen, al che lei rispose: “E io dovrei venire a dirvelo?”, così come anche la domanda sul fatto se l’arcangelo Michele avesse i capelli, alla quale rispose: “Per quale ragione avrebbero dovuto tagliarglieli?”. Insomma, nonostante le sofferenze subite, Giovanna restava una donna piena di spirito e con una fortissima tempra, capace di affrontare e, in certi casi, umiliare il collegio giudicante guidato da Cauchon5.

Visti gli esiti delle udienze pubbliche fu deciso, dal 10 marzo 1431, di tenere tutte le udienze a porte chiuse.

E’ da questo momento che iniziano anche gli interrogatori senza pubblico, riportati dai segretari del processo, nel corso dei quali l’accusa insistette sugli abiti maschili indossati da Giovanna quale marchio di eresia e d’infamia.

Del resto, nel pensiero del tempo, la donna doveva restare sottomessa, come scritto da San Paolo, e non aveva diritto ad alzare la testa. Questo e le ragioni dottrinali suffragate da una lettura maschilista della Bibbia furono i motivi per cui l’accusa la definì “idolatra”, “blasfema”, “eretica” e “scismatica”. Eppure c’erano chierici che ritenevano il processo del tutto illegale, tra questi Jean Lohier, che ritenne che fossero illegittimi la procedura a porte chiuse, gli argomenti trattati troppo complessi per una ragazza di meno di vent’anni e, soprattutto, perché il vero motivo del processo era politico in quanto si cercava, attraverso lo stesso, di infangare il re Carlo VII e sminuire la sua pretesa al trono6.

Il 24 maggio 1431 Giovanna fu portata nel cimitero della chiesa di Saint-Ouen, dove erano state preparate una piattaforma per lei, di modo che la gente potesse vederla e sentirla, e tribune per i giudici.

Era già stata condannata a morte prima della lettura della sentenza. Alla domanda di abiura Giovanna rispose con la formula per l’appello al Papa, diritto concessole nei processi ecclesiastici, ma questa richiesta venne liquidata velocemente dal collegio. Fu a quel punto che Giovanna accettò di firmare l’abiura.

Il risultato fu la condanna a “pane di dolore” e “acqua di tristezza”, formula che, al tempo, significava la reclusione a vita in un monastero a scontare una penitenza perpetua7.

Ma, nonostante il fatto che, dopo l’abiura, la ragazza dovesse essere sorvegliata da donne e non più costretta ai ceppi, Cauchon la fece rinchiudere nello stesso carcere, sorvegliata da soldati inglesi. Tale violazione delle norme fu, probabilmente, voluta dallo stesso Cauchon con l’obiettivo di indurla ad indossare di nuovo abiti maschili per difendersi dagli abusi dei soldati. Infatti, coloro che ricadevano in errore erano destinati al rogo.

La mattina del 27 maggio, Giovanna chiese di alzarsi dai ceppi. Un soldato le sottrasse gli abiti da donna e le gettò degli abiti da uomo senza che, nonostante le proteste, gliene fossero concessi altri.

Il giorno dopo Cauchon, con alcuni membri del tribunale, si recò in prigione dove Giovanna affermò, con coraggio, di aver ripreso gli abiti maschili, poiché si trovava tra uomini e non sorvegliata da donne in una prigione ecclesiastica.

Il 29 maggio Cauchon riunì il tribunale per decidere la sorte di Giovanna, nonostante l’opposizione della maggioranza degli assessori, il cui parere era, comunque, solo consultivo, decise, con il vicario dell’Inquisizione Lemaistre, di condannarla al rogo8.

Il 30 maggio, nella piazza del Mercato Vecchio di Rouen, fu data lettura della sentenza e condotta sul legno per il rogo vestita di un abito bianco e con una grande scorta di soldati, il rogo stesso era stato approntato per impedirle di perdere i sensi per asfissia: sarebbe dovuta bruciare viva e pienamente cosciente. Tra le fiamme della pira, Giovanna morì all’età di 19 anni.

La riabilitazione e la santità

Come detto, il processo aveva uno scopo chiaramente politico: oggetto del giudizio non erano Giovanna e la sua fede, ma Carlo VII e la sua pretesa al trono di Francia. In questo contesto l’incoronazione rituale a Reims aveva dato legittimità al giovane re agli occhi del popolo, pur se la Sorbona e molti francesi non erano mai stati convinti della sua pretesa.

La condanna di Giovanna, dunque, aveva lo scopo di delegittimare Carlo VII e farlo passare per un uomo le cui fortune erano dipese da un’eretica e strega e fu proprio per questo motivo che, appena riconquistò Rouen nel 1449, il re ordinò un’inchiesta sul processo di Giovanna tenutosi nel 1431. Il clima di quest’inchiesta era completamente diverso, con i francesi che, dopo quasi vent’anni dalla morte della Pulzella avevano, ormai sconfitto gli inglesi.

Nel 1452 fu riaperto anche il procedimento ecclesiastico con l’autorizzazione del papa Callisto III ed in questo, dopo che furono ascoltati 115 testimoni, si arrivò alla nullità del precedente processo del 1431 ed alla riabilitazione di Giovanna d’Arco che fu riconosciuta innocente9. Il suo vecchio compagno d’armi, Jean il Bastardo d’Orléans, fece erigere in suo ricordo una croce nel bosco di Saint-Germain vicino Parigi, la “Croix-Pucelle“, ancora oggi visibile.

La beatificazione e canonizzazione di Giovanna sarebbero arrivati quasi 5 secoli dopo: infatti, su pressione di molti prelati francesi, venne avviato il processo di canonizzazione della vergine guerriera di Francia, ormai da anni simbolo del nazionalismo francese e, soprattutto, una delle più grandi eroine del popolo francese, amata e conosciuta da tutti e, da molto tempo, circondata di un culto popolare in tutta la Francia.

Giovanna venne beatificata nel 1909 da Pio X e proclamata santa nel 1920 dopo che le furono riconosciuti dei miracoli per intercessione10 e fu, infine, proclamata compatrona di Francia. Va detto che la sua beatificazione è sempre stata considerata controversa: in fondo lei fece la guerra ad altri cattolici.

Nel mondo medioevale la guerra contro altri cristiani si poteva fare solo contro gli eretici. Del resto, gli inglesi del tempo erano ancora fedeli al papa di Roma e la scissione provocata da Enrico VIII sarebbe arrivata solo un secolo dopo. Ma i motivi che avevano, da sempre, impedito la sua canonizzazione erano caduti: non c’era più una forte opposizione inglese, in quanto, nel 1920, la Chiesa d’Inghilterra era separata da quella cattolica da oltre quattro secoli.

Le fu, infine, anche riconosciuto il martirio, oltre ad una serie di miracoli avvenuti dopo la sua morte, e tutto ciò ne giustificò la canonizzazione che, nei fatti, sancì anche la regolarizzazione di un culto popolare, ed anche nazionale, che andava avanti sin dalla sua morte, accompagnato da una ricchissima letteratura, un’immensa iconografia civile ed un ricordo mai spento nei cuori dei francesi.

Giovanna d’Arco, icona e metro delle donne nella storia

In fondo, chi era Giovanna? Una pazza, un’eroina, una santa o una ribelle? Sono tantissime le interpretazioni che si sono susseguite e su di lei si è scritto tantissimo.

Chiunque voglia rapportarsi con la storia di Francia deve fare necessariamente i conti con questa figura dai tratti profetici e guerrieri, ma che, soprattutto, era una donna. E, come ha affermato Alessandro Barbero in una recente conferenza11, nel Medioevo di donne si parla pochissimo, Giovanna rappresenta un’eccezione. Le poche donne di cui si è scritto molto in quell’epoca erano principalmente legate al misticismo religioso, come nel caso di Caterina da Siena.

Giovanna è diversa: era, senza dubbio, mossa da un’incrollabile fede e da una cieca fiducia nella “voci” che le hanno parlato, stando alle sue parole, fino all’ultima udienza del suo processo, ma lei stessa non ambiva, almeno in un primo momento, alla sicurezza del chiostro. Ella voleva andare in guerra vestita da uomo e guidando altri uomini, era una donna che, in pieno Medioevo, fece tutte quelle cose che alle donne erano vietate e se, da un lato, ha trasfigurato la società civile del tempo, dall’altro ha cambiato il corso stesso della storia europea nel momento più disperato della Francia dei Valois.

Di lei hanno scritto in tantissimi nei tempi moderni: Voltaire scrisse un poema satirico, Mark Twain quello che lui stesso definì “il suo miglior romanzo”12, passando dodici anni a fare ricerche su questa figura dai tratti mitici, ma eminentemente storica, Ingrid Bergman ha prestato il suo volto per rappresentare Giovanna due volte – una volta con Fleming e l’altra con Rossellini in due film di grande impatto. Si sono confrontati con lei fino ad oggi innumerevoli filosofi, storici, romanzieri e musicisti, tutti quanti affascinati dal fascino da amazzone della Pulzella d’Orléans; è impossibile ignorare l’impatto che questa ragazza morta a 19 anni ha avuto sul corso della storia europea.

Giovanna era una donna ribelle che rifiutava le convenzioni della società del tempo per adempiere la sua missione, arrivando a comandare uomini d’arme di grande esperienza e guadagnandone il rispetto e la stima, come emerso dalle testimonianze del processo di revisione tenutosi svariati anni dopo la sua morte.

Dagli atti del secondo processo, ci sono rimasti i ricordi commossi dei suoi compagni d’arme tra cui Jean il Bastardo d’Orléans, Étienne de Vignolles “La Hire” ed il Duca Giovanni, a cui Giovanna salvò la vita in più di un’occasione per una promessa fatta alla moglie di riportarlo a casa sano e salvo13. Ed infatti, nonostante fossero passati appena 25 anni, il ricordo di Giovanna aveva già dei tratti mitici e fiabeschi e si erano diffusi tantissimi racconti popolari legati ai miracoli di Giovanna.

Lei, che fece quello che era vietato alle donne, ha dimostrato a tutta l’Europa del tempo ed alla storia mondiale, il ruolo che può avere una donna nel cambiare il corso della storia.

Mai nessun’altro ha fatto così tanto in così poco tempo. Alessandro Magno, a paragone, visse la sua epopea in 10 anni, ma erano due situazioni completamente differenti, eppure non si può negare l’impatto che ha avuto questa contadina della Lorena nell’influenzare i destini di milioni di persone, capace di modificare gli assetti di due tra i più grandi troni europei del tempo e di sconfiggere alcuni tra i più grandi generali del suo tempo. Molte testimonianze, tra l’altro, insistono sul fatto che, nonostante fosse molto ingenua in alcuni aspetti, dimostrava una capacità prodigiosa nelle tecniche d’assedio e con la spada.

Una figura, quindi, fuori dall’ordinario anche se messa confronto con i suoi compagni d’arme maschili e, sicuramente, dotata di un eccezionale coraggio nell’affrontare la sua “missione”, quali che fossero le ragioni delle sue “voci” o la natura del suo credo.

Una donna, dunque, che, nel Medioevo, seppe cambiare la storia degli uomini; una donna che, rifiutandosi di accettare il ruolo passivo che le assegnava la società del tempo, sedeva al fianco dei re, guidava le cariche dei guerrieri ed affrontò a testa alta il proprio processo, spesso schernendo i propri carnefici. Oggi è la santa più venerata in Francia, della figura di cui si sono serviti tutti i partiti politici nella storia francese ed a lei sono dedicate piazze e statue dappertutto assurgendo, ormai, a simbolo francese quasi al pari della Marianne.

Una figura storica straordinaria, una donna irripetibile nella storia europea ed umana che ha spaccato la storia di Francia.


Note

[1] Jules Michelet, Giovanna d’Arco, Napoli, FILEMA edizioni, 2000

[2] Franco Cardini, Giovanna d’Arco. La vergine guerriera, Milano, Mondadori, 1999 e Régine Pernoud, Marie-Véronique Clin, Giovanna d’Arco, Roma, Città Nuova Editrice, 1987

[3] Alessandro Barbero, Giovanna d’Arco o il coraggio di fare quello che alle donne è vietato. Parte delle Conferenze in streaming in collaborazione con Intesa-SanPaolo – Link

[4] Nota 3

[5] Teresa Cremisi (a cura di), Il processo di condanna di Giovanna d’Arco, Milano, SE, 2000

[6] Bolla di Benedetto XV Divina Disponente, 1920 – Link al testo

[7] Régine Pernoud, Giovanna d’Arco. Una vita in breve, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1992; Franco Cardini, Giovanna d’Arco. La vergine guerriera, Milano, Mondadori, 1999; Nota 5.

[8] Sentenza pronunciata contro Giovanna d’Arco del 29 Maggio 1431 – Testo in francese

[9] Testo del procedimento di riabilitazione – Lingua francese

[10] Nota 6

[11] Nota 3

[12] La vita e il processo a Giovanna d’Arco (Personal Recollections of Joan of Arc), 1896, romanzo biografico

[13] Nota 2

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